martedì 30 dicembre 2008

Kristin Hersh - Learn To Sing Like A Star

Yep Roc/4AD

Genere: Indie/Folk/Pop-Rock

Raccomandato Se Vi Piace: Throwing Muses, Patrick Wolf, Murder By Death

L’ho sentito parecchie volte questo settimo album solista di Kristin Hersh, cantante con le Throwing Muses e ora nei 50 Foot Wave. L’ho sentito parecchie volte perché non capivo se tutto ciò mi convincesse oppure no: l’artista suona un pop-rock dal sapore folk e vagamente indie, sullo stile di Murder By Death e Patrick Wolf, con inserti di violino e violoncello. Per carità, il cd fila, si sente una maturità nel disco (dopotutto se dopo sette e passa dischi da solista, si sentiva ancora che il cd era fatto alla maniera di, era veramente da prenderla a capocciate dalla mattina alla sera) ma a me non ha colpito poi così tanto, probabilmente perché il genere non è quello per cui vado matto. Infatti, l’ho sentito parecchie volte perché volevo capire se la noia avesse già preso il sopravvento oppure stessi già dormendo mentre il cd girava, sognando di scrivere una recensione in cui vantarmi della mia mortale noia.

Voto:5,5/10

sabato 27 dicembre 2008

Danil Pennac - La Prosivendola



(titolo originale: La Petite Marchande De Prose, Gallimard, 1990)
I edizione Feltrinelli: 1991

-Allora, voglio proprio dirle una cosa, signor Malaussène.
Silenzio.Caffè. Ri-silenzio. Poi, nella maniera più calma del mondo:
-Lei comincia veramente a rompermi i coglioni.

J.L.B.? Chi diamine è J.L.B.?
Presto detto: è la maggior fonte di introiti delle Edizioni del Taglione, autore di best-sellers di successo incentrati su improbabili self-made-men che sfondano nella finanza (e sfondano il fondoschiena ai nemici di una vita). La casa editrice guidata dalla tirannica regina Zabo sta per dare alle stampe la sua ultima fatica, e proprio lei ha in mente una campagna pubblicitaria e mediatica senza precedenti, se non fosse che...J.L.B. si rifiuta categoricamente di farsi vedere e intervistare. Ecco quindi che la geniale "prosivendola" (sì, è lei che dà il titolo a questo terzo romanzo della saga malaussèniana) ha un'idea delle sue: reclutare un sosia che, istruito a dovere, faccia le veci dello sconosciuto scrittore.
E chi potrà essere mai questo sosia? Chi mai, se non Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio?
Proprio lui, che finisce per accettare, nella speranza che l'atipicità dell'incarico lo aiuti a dimenticarsi per un attimo delle preoccupazioni arrecategli dalla sua sterminata tribù, soprattutto da Clara, la sua adorata sorellina fotografa.
Che ha deciso di sposarsi.
Con il partito più improbabile che si possa immaginare.
E Ben non ci sta, si oppone, mentre tutta la famiglia è in giubilo per l'evento. Ma come al solito, succede qualcosa di storto, qualcosa che non doveva succedere, con, a contorno, i soliti assurdi, eppur reali, intrighi, che finiscono per tirare nel loro calderone, per i capelli, anche...no. Anche qui ci sarà una sorpresa, ma non mi sembra giusto dirvi tutta la trama in anticipo, anche perché Pennac è maestro nell'imbastire colpi di scena su colpi di scena, e nello sbrogliarli, al termine, nella maniera più semplice e innocente del mondo. Innocente come il solito Malaussène, che non si può dire abbia una vita tranquilla, per quanto, in un certo senso, vi aspiri. Quindi buona lettura, se deciderete di godervi quest'altro piccolo capolavoro, seppure risulti, almeno secondo me, leggermente sottotono rispetto agli altri capitoli della saga più noir e surreale mai sfornata finora.

voto: 7.5/10

giovedì 25 dicembre 2008

Secret Lives Of The Freemasons - This Was Built To Dance

Astro Magnetics

Genere: Emocore/Screamo-pop

Raccomandato Se Vi Piace: Glassjaw, Finch, A Static Lullaby, A Day To Remember, Four Letter Lie

Usciti sulla Astro Magnetics, succursale di Geoff Rickly (Thursday, United Nations) della Eyeball Records, questi Secret Lives Of The Freemasons, oltre al nome magnifico, si fanno notare per aver creato un album screamo-pop, memore degli insegnamenti di ottime band come Glassjaw e Finch, spingendo quindi la formula nota al grande pubblico, nella direzione più qualitativamente giusta. Ebbene, purtroppo per i Secret Lives la strada intrapresa in “This Was Built To Make You Dance”, è particolarmente derivativa: la voce di Brien Worsham, è veramente similissima a quella di Daryl Palumbo (Glassjaw, Head Automatica, United Nations), non solo come timbro (che in realtà, differisce un pochino) ma anche come cambi di tonalità e il passaggio urlato-voce è più o meno lo stesso. Detto questo però voglio ricordare che l’album di cui sto parlando, è abbastanza notevole: sì ok, i Secret Lives sono più o meno dei cloni dei già citati Glassjaw e Finch, ma ottimamente ben riusciti. Basta prendere “It Only Took A Whisper”, per capire che la band fa un perfetto mix dei due gruppi per creare un sound ben calibrato tra melodia e violenza, lontani anni luce da quel fake screamo pop che propina gente come Alesana o Four Letter Lie. Se amate i gruppi da me citati, direi che assolutamente dovete dare un opportunità a questa band: copiano, copiano, ma alla fine, come si diceva dei Mineral a suo tempo, anche loro lo fanno al meglio.

Voto:7/10

Buone feste

Buone feste a tutti, soprattutto (come si evince dalla foto) a chi ha votato "Cazzo ne so...Figa?" nel nostro sondaggio.
Lo staff di The Guilty Agenda

martedì 23 dicembre 2008

Positive Reinforcement - Positive Reinforcement

Third Party Records

Genere: Hardcore/SxE

Raccomandato Se Vi Piace: Minor Threat, Redemption 87, No Justice, Lifes Halt, Fucked Up

Grezzo.
Veloce.
Potente.
Impegnato.
Violento.Bastano questi cinque aggettivi, per farvi capire a cosa andate incontro ascoltando questo cd dei Positive Reinforcement: stiamo parlando infatti, di un hardcore in stile 80’s, veloce come poteva essere la musica punk di quegli anni, condito da testi impegnati sul fronte Straight Edge e politico. Niente di nuovo, insomma. Ma il risultato non è assolutamente dei peggiori, tutt’altro: la band si fa apprezzare per un’esecuzione, a suo modo, impeccabile e per la capacità di non far annoiare anche un ascoltatore come me, che di questa musica, non ne fa il suo pane quotidiano.

Voto:6,5/10

Hope Departed - Ascendance

Agency

Genere: Nu-emo

Raccomandato Se Vi Piace: Sugarcult, Over It, Midtown, Matchbook Romance, Lostprophets

Ricordate i Vitruvian?
Ecco questi Hope Departed, sono praticamente una sorta di versione 3.1 del suddetto gruppo.Mi spiego meglio: gli Hope Departed in questo “Ascendance”, si ispirano parecchio a band come Sugarcult, Midtown, Over It con una bella spolverata di schitarrate in chiave nu-emo, stile Matchbook Romance (su “Farewell” soprattutto, probabilmente la migliore canzone dell’intero lotto) o ultimi Lostprophets.Fatto sta che il disco è terribilmente anonimo, anche se non me la sento di bocciarlo pienamente, dato che non è fatto male, ma solo con lo stampino.Probabilmente usurato dal tempo.
Ah e i Vitruvian non c’entrano poi molto.Sono io che mi fisso e voglio trovare somiglianze che non ci sono.

Voto:5/10

lunedì 22 dicembre 2008

Trash Chronicles vol 1: Gunther


Non fate quelle facce, lo so che siete amanti del trash.
Tutti lo sono (specialmente i bifolchi che si celano dietro questo blog :D), si può attingere infinitamente al pozzo del trash, ma non finirà mai perchè si sa, non c'è limite alla gnuranza.

In questo prima puntata vi parlerò di un grande artista, una vera icona del trash che molti di voi sicuramente conosceranno: si tratta di Günther, il dio del porno-techno.
Indubbiamente il suo pezzo più conosciuto è "Ding Ding Dong" ("oooh you touch my tra-la-la, oooh, I ding ding dong").
Günter è svedese, indossa gli occhiali da sole anche di notte, non si taglia mai il pizzetto tamarro un pò alla Magnum P.I. (dagli anni ottanta sembra provenire anche il suo taglio di capelli) e nelle sue hit da discoteca è sempre accompagnato dalle Sunshine Girls, due ragazze rubate probabilmente ad un qualche pappone del luogo.
Il tema delle canzoni di Günther è ricorrente, più o meno sono tutte sul "mi attizzi, scopiamo?", meravigliosamente cantate dalla sua voce esotica (canta in inglese...credo di non aver mai sentito un inglese peggiore :D) e bassa e roca, che insomma, ce crede proprio d'esse secsi.

Siccome non c'è limite alla gnuranza, anche su Günther penso sia proprio il fondo, vi consiglio di visitare il suo (esilarante) sito http://www.gunthernet.com/, che inizia con il suo nuovo pezzo che recita "I'm your pussy pussy pussy cat, come and taste my milk" (non sono riuscita ad andare oltre :D).

I video sono la parte migliore, perchè oltre ad ammirare lo svedese del "pop-porno" (eh, ce stava) potrete contemplare le grazie delle Sunshine Girls, che azzardano stacchetti da Striscia la Notizia completamente fuori tempo e improvvisano le immancabili lesbicate.
Da non perdere, oltre alla hit "Ding Ding Dong":
Tutti Frutti Summer Love ("melonas, bananas, mmmh, it's a hot hot summer!")
Teeny Weeny Strink Bikini (il titolo dice tutto).

beh, che ne pensate? it's güntastic!

giovedì 18 dicembre 2008

The Departed


Regia: Martin Scorsese
Attori principali: Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Mark Wahlberg

Non mi dilungherò di certo sulla trama di questo "the Departed" siccome si tratta di fare una recensione di un film, lascio la lettura della trama o meglio la visione di essa a chi verrà incuriosito dalla lettura di questa recensione (perchè è poi questo quello a cui serve una recensione, stimolare la scoperta di nuovi film,cd,libri ecc).

L'inossidabile Martin Scorsese si rimette dietro le quinte ad orchestrare un film come piace fare a lui, un bel film di mafia ma che è più di un film di mafia, è anche un film sulla polizia, è anche un film sull'intrigo, ma soprattutto il messaggio è: questo è un film sull'inganno e sugli intrecci che esso causa.

In questo film ci sono tutti e non tutti i tratti tipici di Scorsese, grande assente è la protagonista di quasi tutti i suoi film, la città di New York, ci troviamo infatti questa volta a Boston; altro tratto diverso è la mafia, addio italiani e benvenuti irlandesi.
Per il resto, niente di nuovo, ecco che il film ci racconta, con il solito piglio Scorsesiano la vita dei suoi protagonisti sin dalle radici, dall'infanzia, in una carrellata rapidissima di eventi che portano DiCaprio e Matt Damon a diventare entrambi agenti della polizia del Massachussets.

Il montaggio febbrile, le scene di violenza e i dialoghi al fulmicotone sono ormai trademark del regista new yorkese, quello che ho notato di nuovo è l'introduzione di questo senso di "cospirazione" quasi opprimente che pervade alcune scene del film e che aggiungono valore a questo capolavoro.

Destinata a entrare nella storia del cinema la scena finale dove un inaspettato e anche inaspettatamente bravo Mark Wahlberg la fa da vincitore, The Departed ci consegna l'ennesima riprova che Jack Nicholson è l'incarnazione vivente dell'attore perfetto alla suonata età di 71 anni è uno dei grandi fossili del cinema americano assieme a Clint Eastwood e dà veramente lezione di recitazione durante tutto il film.
Straordinario non solo nella progressione di carriera ma anche di qualità il sempre più ambizioso Leonardo DiCaprio, ormai nuovo attore-feticcio di Scorsese, rimpiazza con qualità e sofferenza il buon vecchio (pure lui) Robert De Niro. Appena inferiore invece la prestazione di Matt Damon, vero antagonista per tutto il film e che riesce, nel mai abbastanza facile ruolo del protagonista che si deve far odiare a tutti i costi.

Concludendo, se "Quei Bravi Ragazzi" vi aveva fatto esultare e anche rammaricare per non aver vinto gli oscar che meritava, ecco qua il suo sostituto, il grande ritorno di Scorsese si è fatto attendere (ritorno a questo genere, non è certo rimasto inattivo) ma ha fatto il gran botto e incetta di statuette (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior montaggio; senza contare le statuette a DiCaprio e Nicholson) insomma, un film moderno destinato già alla storia.

Voto: 9.0

Spastic Ink - Ink Complete


Contorti, eccessivi, schizofrenici, pazzoidi, questi gli aggettivi che vengono in mente ascoltando questo primo cd del seminale gruppo Spastic Ink, datato 1997.
Parto di una sega mentale di un gruppo di musicisti fin troppo dediti all'utilizzo dei loro strumenti, la proposta musicale del terzetto è quanto di più claustrofobico possiate pensare, siamo difatti innanzi a un pilastro di tecnica immane, influenze di metal progressive si fondono a ritmiche sincopate e jazzate con dissonanze che farebbero andare in confusione persino Frank Zappa.
Non ci troviamo di fronte ad un album inascoltabile dalla grande massa, le canzoni potrebbero passare pure su MTV (AHAHAHA) non fosse che la voce è assente da tutte le composizioni (scelta obbligata si direbbe, dando un'occhiata agli spartiti fitti come una giungla), che emozioni ricavare quindi da un cd del genere?nessuna, questo è un esercizio di tecnica volto solo alla spettacolarità e senza alcun significato o messaggio. Per i più è un cd da mono-ascolto, almeno provateci.

Voto: 7.0

lunedì 15 dicembre 2008

L'Anonima Recensori ti sta cercando!

Se anche a te piace scrivere recensioni su qualsiasi argomento ti passi per la testa, non esitare a contattarci.
The Guilty Agenda è sempre aperta a nuove collaborazioni.
Se siete davvero interessati, lasciate un post tra i commenti con il vostro profilo Blogger, e vi contatteremo.
Un saluto

domenica 14 dicembre 2008

Jesse Sykes & The Sweet Hereafter - Like, Love, Lust & The Open Halls Of The Soul

Barsuk/Southern Lord

Genere: Alternative Country/Blues

Raccomandato Se Vi Piace: Calexico, Neil Young

Decisamente anni 60/70, questo nuovo disco di Jesse Sykes & The Sweet Hereafter: ascoltandolo sembra di essere immersi nella profonda e desolata campagna mid-americana, dove si è circondati da granturco e casette di legno con l’immancabile patio, e sedia a dondolo annessa. Si guardano gli sterminati campi ascoltando la voce pastosa e un po’ mistica di Jesse, magari condita di una buona armonica a bocca (“Eisenhower Moon”), oppure si immagina di trovarsi un po’ nel pieno del festival di Woodstock, con quelle atmosfere trasognanti da figli dei fiori (“I Like The Sound”) o infine potremmo immaginarci di stare sdraiati su un prato, con la ragazza dei nostri sogni e guardare le stelle (“Hard Not To Believe”). Insomma, un po’ un disco da fattoni.
Voto:7/10

Bloc Party - A Weekend In The City

V2/Wichita

Genere: Indie

Raccomandato Se Vi Piace: The Cure, Les Savy Fav, New Order, U2

La stampa inglese mi è sempre stata sulle palle.Sempre a gridare alla “next big thing” dell’indie, ad ogni band che uscisse fuori dalla scena britannica e che poi nel giro di un disco si sarebbe rovinata del tutto o sparita nel limbo della mediocre discografia. Finalmente questo non è successo con i Bloc Party.
La band di Kele Okereke tira fuori un grandioso cd, memore di tutte le esperienze fatte sia con il precedente “Silent Alarm” (un gran bell’album anche quello, basta solo citare “Helicopter”,la più conosciuta contenuta nel disco) che con i primi EP usciti sempre per la Wichita (delle belle chicche anch’esse). E in realtà mi trovo un po’ in difficoltà a recensire questo lavoro perché è indie e non è indie: ormai l’etichetta alla band inglese sta veramente stretta tanto che si sentono echi di Cure, New Order e U2 nello stesso disco insieme al sound impeccabile ed inconfondibile targato Bloc Party. Mi limito a citare qualche canzone, anche se ogni pezzo qui sa il fatto suo. Parto con l’iniziale “Song For Clay(Disappear Here)”, con la sua partenza dolce e pacata per poi trasformarsi in un bel pezzo ritmato, ritmo che ritroviamo, amplificato centomila volte in “Hunting For Witches” la quale riprende un po’ la sopraccitata “Helicopter”: cito anche “Waiting For The 7.18”, impregnata di una dolcezza appena abbozzata, “I Still Remember” malinconico singolo, rammenta un po’ gli U2 ed infine “SXRT”, degna chiusura di un album impeccabile.E il voto non potrebbe essere altrimenti.

Voto:9,5/10

sabato 13 dicembre 2008

Daniel Pennac - La Fata Carabina



(titolo originale: La Fée Carabine, Gallimard, 1987)
I edizione Feltrinelli: 1992

Siccome nessuno reagisce, il Piccolo si avvicina a me e Stojilkovicz.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore."
"Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera.
"Perché?"
"Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."


A Belleville può succedere veramente di tutto.
Vecchietti uccisi a rasoiate, vecchietti che uccidono sfoderando con assurda precisione e velocità vecchie rivoltelle, vecchietti che alimentano inconsapevolmente il mercato della droga parigina.
Cosa sta succedendo?
É quello che si chiede anche Benjamin Malaussène, che nel frattempo ha spostato i suoi eminenti servigi di capro espiatorio alle Edizioni del Taglione e si ritrova, con il resto della famiglia, ad accudire dei simpatici vecchietti, per non farli cadere nel girone della droga. Ebbene sì, perchè a quanto pare gli anziani di Belleville si sono dati al consumo smodato di sostanze stupefacenti, e la tribù s'è presa la briga di distrarli, di non renderli vittima dell'inutilità che apparentemente sembrano rivestire all'interno della società.
Ovviamente, questa sua vicinanza con i protagonisti delle beghe del momento, rende Benjamin il maggiore indiziato di tutti i delitti che vengono commessi, tra personaggi senza scrupoli, che hanno fiutato le sue peculiarità e intendono servirsene senza battere ciglio, poliziotti che non riescono a concepire la capacità del nostro di caccarsi nei guai senza muovere assolutamente un dito ed ex-guardie notturne che portano a giro per la città le anziane signore del quartiere in un vecchio autobus riadattato a salottino.
Questo romanzo è interamente fondato sull'enorme distacco tra l'apparenza e l'essenza, tra l'essere e il fare, in un continuo gioco di rovesciamenti di medaglie che lasciano stupiti i lettori, e la faccenda su cui si regge tutta la baracca, così strana, rivela in realtà un intrigo di fondo dove ogni pedina gioca un ruolo fondamentale e dove tutto finisce sempre per tornare al suo posto. Ma, ovviamente, l'unico fuori posto è sempre Ben, che suo malgrado si ritrova sempre immerso nei guai fino al collo. Ma tanto, che ve lo dico a fà, riuscirà a scamparla anche stavolta.
A mio parere questo è il libro meglio articolato della saga, insieme a Singor Malaussène, che rappresenta l'apice della scrittura pennacchiana (sì, lo so, è brutta come parola, ma che ci posso fare? Con tutto che lui nemmeno si chiama realmente Pennac, ma Pennacchioni...è geniale anche nel cognome :°D). Lo stile è inconfondibile, una sorta di marchio di fabbrica, con continui cambi di registro, figure retoriche ardite e l'impressione di abitare nelle menti dei personaggi per tutta la durata del romanzo. Veramente degno.

voto: 9/10

venerdì 12 dicembre 2008

Everdae - Lights Out At The Sound Of Hysteria

Upchuck

Genere: Pop-rock/Nu-Emo

Raccomandato Se Vi Piace: Acceptance, Cartel, Anberlin, Amity

1000 caratteri…
Posso farcela…“Lights Out At The Sound Of Hysteria” è un onesto cd di gaio e solare (il primo aggettivo va inteso in tutti i suoi significati) pop-rock con venature finte emo che faranno saltellare tutte le ragazzine, faranno incuriosire di più verso il cantante ogni ragazzino bi-curious (ha i suoi momenti più omo nell’intro di “Colors” e nel intermezzo dance di “Buca Di Cappo”) e regalano sei pezzi di spensieratezza e leggiadria.Sembra che m’ha fatto cacà, però in realtà, tutto ciò m’è piaciuto una cifra.

Voto:7/10

Various Artists - This Is Indie Rock vol.3

Deep Elm Records

Terzo (ma molto probabilmente ultimo) appuntamento con la serie This Is Indie Rock della Deep Elm Records, nata dalla (temporanea, a quanto vediamo oggi) chiusura della seminale serie The Emo Diaries, e rivolta ad un più ampio aspetto della musica, non indie in senso di genere, ma indie in senso di musica indipendente, poco avvezza ai canoni delle mode.Ed ecco quindi trovarci buttato dentro al calderone che è questo cd, un po’ di tutto.Si passa dal post-punk schizzato dei Free Diamonds (band sotto contratto con l’etichetta americana) al rap bianco (che non convince) di Konrad, dalle atmosfere scanzonate dei Campsite alle splendide elucubrazioni divertite e semi elettroniche degli Encyclopedia (a metà tra un Reggie And The Full Effect e i primi Ozma, deliziosi),il folk degli Annuals, l’elettronica di Reed Kd fino al più classico dei temi trattati, e sempre cari, dall’etichetta: l’emo. E’ infatti presente una buona dose di gruppi, giovani e promettenti, in questo lavoro come i grandiosi (e canadesi) Satellite Of June, memori delle esperienze già fatte da Samiam e Merrick, i piacevoli Broken October, “Confessions Of An Ardent Heart” dei Softer, che non avrebbe mai sfigurato su un Emo Diaries qualsiasi e infine i “novelli Brandtson”, Almighty Flying Machine, qui presenti con un bel pezzo, ritmato al punto giusto. Non un disco imperdibile, ma comunque una buona prova da parte della Deep Elm, che non mi delude mai.

Voto:6,5/10

lunedì 8 dicembre 2008

Zozobra - Harmonic Tremors

Hydra Head Records

Genere: Post-Metalcore/Post-Hardcore

Raccomandato Se Vi Piace: Cave In, Old Man Gloom, Neurosis, Clouds, Converge

Nato dalle menti di Caleb Scofield (Cave In ed ex Old Man Gloom) e Santos Montano (Forensics ed ex Old Man Gloom), il progetto Zozobra si integra perfettamente con i lavori della scuderia Hydra Head. Musica pesante, meccanica, strana ma al tempo stesso ipnotica, a tratti dolce (“Soon To Follow”), psichedelica al punto giusto (“Caldera”) ed oscura alle volte: come riferimento posso citarvi una specie di ibrido tra gli Old Man Gloom e i Cave In di Jupiter, quelli più cervellotici e meno rock,decisamente migliori. Il disco è comunque una specie di gioiellino del genere: si sente che è suonato da due grandi musicisti (Santos Montano è un ottimo batterista, a mio modesto parere) e i pezzi risultano complessi ma “noisy”, pesanti ma anche abbastanza fruibili (come nel caso della deflagrante, ultima traccia, “A Distant Star Fades”). Insomma un ottimo lavoro, che contribuisce a fare dell’etichetta una delle migliori (se non assolutamente LA migliore) in questo campo sperimentale e particolarmente innovativo.

Voto:8/10

domenica 7 dicembre 2008

The Cure - Seventeen Seconds


(1980, Fiction Records)

Genere: new wave

Seventeen Seconds, 1980. Robert Smith, che con questo disco inizia la sua lenta discesa verso le più cupe elucubrazioni mentali, alla voce ed alla chitarra, Simon Gallup al basso, Lol Tolhurst alla batteria e Mathieu Hartley alle tastiere.
Diciassette secondi. Dieci tracce. Ed un suono meraviglioso, atmosferico, cristallino. Essenzialmente semplice ma straordinariamente d'effetto.
A Reflection, strumentale, ci introduce, con le sue tastiere delicate, a passo di danza, verso il beat della seconda traccia, Play For Today. Canzone stranamente movimentata, con la chitarra che da' ennesimamente prova di essere causa ed effetto dei pensieri del suo demiurgo, Smith. Il basso di Gallup e la sezione ritmica scarna curata da Tolhurst fanno da contorno alla voce tormentata del cantante, che qui è ad una delle sue migliori prove. Segue il sussurro debole di Secrets, una ritrovata ed insperata intimità che si poggia su di un giro di basso a tratti inquietante.
In Your House è un altro bellissimo e delicato pezzo, che riprende metaforicamente le basi di A Reflection, una sorta di continuazione su una strada che, dopo quattro canzoni, iniziamo a conoscere già abbastanza bene.
Il silenzio e la sensazione di vuoto e desolazione sono temi che ossessionano Smith: "I hear no sound in your house, silence in the empty rooms - I drown at night in your house, pretendig to swim". Sensazioni ed impressioni che si imprimeranno a fuoco nell'animo del cantante, e che preannunciano le ombre ed i tormenti dei dischi successivi.
Three e The Final Sound, la prima strumentale, con i lamenti di Smith in sottofondo, e la seconda un piccolo e quasi sconnesso preludio di tastiere, ci introducono a quello che è il vero capolavoro del disco, A Forest.
L'intro è rarefatta, e la chitarra si fa strada, con circospezione, dentro quella foresta che sembra quasi pulsare dentro le nostre orecchie.
Il tema della canzone ci riporta, nuovamente, alla trafelata paura di perdere chi amiamo, e Robert Smith è maestro in questo: sa calarsi, e calarci, perfettamente all'interno delle sue storie. A Forest è un gioiello che rifulge, nonostante si sentano ancora vibrare i fantasmi più tetri, a ritmo funereo.
M, ottava traccia, il cui titolo è dedicato alla findanzata di Smith, Mary Poole, è una tenera ballata velata di malinconia, mentre At Night è l'ennesima, triste ma sempre bellissima meditazione sulla vacuità dell'esistenza.
Il disco si conclude con la title-track, Seventeen Seconds. Finiscono le danze, ma non il cuore di Smith non trova pace: "Feeling is gone, and the picture disappears - And everything is cold now - The dream had to end, the wish never came true".
Una cupa iniziazione, ma un album di rara bellezza.

Voto: 8 ½/10

Daniel Pennac - Il Paradiso Degli Orchi



(titolo originale: AU BONHEUR DES OGRES, Gallimard, 1985)
I edizione Feltrinelli: 1991

"Quello che uccide l'amore, vedi, è la cultura amorosa: a qualsiasi uomo verrebbe duro, se non sapesse che agli altri uomini viene duro."

Benjamin Malaussène svolge uno strano lavoro.
Il Capro Espiatorio. Che, nella fattispecie, consiste di beccare le rampogne dei clienti insoddisfatti del Grande Magazzino e convincerli, attraverso delle vere e proprie scene madri, a desistere dall'idea di farsi risarcire. E, non si sa come, ci riesce sempre.
Anzi, in un certo senso, il perchè si sa: lui è un capro espiatorio nato. Sembra attirare a sè tutte le disgrazie che accadono, compresa una serie di esplosioni che avvengono proprio nei locali del Grande Magazzino.
Lui è sempre presente, per fortuite coincidenze. E questo, ovviamente, concentra su di lui i sospetti della polizia. Il resto è contorno, apparentemente: una famiglia strampalata, con una madre sempre assente e in preda a subitanee passioni, e lui, fratello maggiore, a fare le veci del capotribù, circondato da fratelli e sorelle dotati di una spiccata personalità, un cane epilettico e dall'odore pestilenziale, il grande amore della sua vita, conosciuto mentre taccheggia al reparto maglieria dei grandi magazzini, amici arabi specializzati nel gioco delle tre carte e da una guardia notturna di origine serba, con cui intrattiene interminabili partite a scacchi, il tutto ambientato nel vivace quartiere di Belleville, Parigi.
L'universo di Malaussène è colorato, paradossale, surreale. Nonostante i sospetti si concentrino tutti su di lui, e nonostante tutti si accorgano ben presto della sua indole di principale fautore di tutti i mali di questo mondo, di vaso di Pandora su cui scaricare le colpe, noi che leggiamo sappiamo benissimo che è innocente, anzi, l'innocenza in persona, e perciò sorridiamo alle sventure che si susseguono una dopo l'altra, e lo facciamo anche per l'ironia con cui Pennac tratteggia il suo piccolo universo, i monologhi interiori di Ben, i pensieri, le paranoie, le nevrosi, le preoccupazioni che gli destano i suoi fratelli, uno più strano dell'altro, e Julius, il cane, epilettico, che rimane giorni e giorni immobile nella sua puzza, per rialzarsi così, dal nulla, all'improvviso.
Ho deciso di recensire la saga dei Malaussène, perchè ritengo sia assolutamente geniale e ben costruita. I rimandi da libro a libro sono più che evidenti, tant'è che si potrebbe quasi prenderne uno qualsiasi, e leggerlo, e capire tutto ciò che è successo prima (e infatti io, genia del male che non sono altro, ho iniziato a leggerla proprio da Signor Malaussène, quarto libro della saga, quello dove, bene o male, si tirano le somme, seppure ne seguano altri due dopo, La Passione Secondo Thérèse e Ultime Notizie Dalla Famiglia. Certo, ci si rovina le sorprese, i colpi di scena che, numerosi, si susseguono nella serie, ma quasi non ci se ne accorge).
Lo stile di Pennac, poi, è inconfondibile: ironico, pungente, incline al monologo interiore, un monologo assolutamente sarcastico e ricco di trovate estemporanee, di accostamenti bizzarri, metafore surreali, ma non per questo meno forti. Insomma, altro che saghe di maghetti o affascinanti vampiri. La figura del capro espiatorio è sicuramente più strampalata e originale, soprattutto nel contesto in cui è inserita. Alla fine, è pure questo una sorta di 'stato di natura', come l'essere dotati di poteri magici o di un paio di canini affilati e una sete insaziabile di sangue. É solo questione di punti di vista.

voto: 9/10

Laurell K. Hamilton - Nodo di Sangue.

Avete presente i fascinosi, romantici vampiri che infestano gli schermi cinematografici di questi tempi?
Beh, dimenticateli.

E vi assicuro che non ci metterete tanto leggendo "Nodo di Sangue", il primo di una lunga serie di libri scritti dall'americana Laurell K. Hamilton. Si contano attualmente 15 volumi, ma soltanto nove sono stati pubblicati in italiano.
La protagonista è l'ammazzavampiri Anita Blake: una giovane, atletica, affascinante (e bassa) brunetta che al posto della borsetta porta un fucile a canne mozze nascosto sotto la giacca. E' una cazzuta, insomma, ma conserva sempre la sua umanità, senza mai metterla in disparte.
La scrittura è ovviamente immatura (si parla del 1992, libro d'esordio per la Hamilton), comunque non rende in italiano, e consiglio a tutti di andare in qualche libreria internazionale e comprarlo in inglese (è quello che dico per il 98% dei libri, fateci il callo). In ogni modo, dopo un pò ci si abitua e diventa scorrevole, e aggiungendo la tensione e la suspance della storia, resterete incollati al libro finchè non lo finirete.
Nella vita di Anita Blake c'è tutto: Vampiri. Ma seri, cattivi, che per succhiarti il sangue ti spezzano la clavicola, che ammaliano la gente attraverso il loro potere, e in realtà non sono sempre così belli. Animali mannari per tutti i gusti, e vari tipi di non-morti.
Si, perchè nel mondo immaginario della Hamilton il confine fra il mondo terreno e l'occulto è stato abbattuto, e i non-morti sono una realtà ormai contemplata anche dalla legge. Infatti, il mestiere ufficiale della Blake è quello di Risvegliante: sotto pagamento, lei riporta alla vita i morti (pratica utile quando un testimone importante viene eliminato, o per faccende private che non si sono potute sbrigare prima di morire). Quello di cacciatrice di vampiri...beh, non è definibile un hobby...è "un esigenza di eliminare quello che la terrorizza", diciamo.
Proprio per questa presenza dei "classici" non-morti inizialmente ero rimasta perplessa, anche perchè conserva comunque un'impronta tradizionalista (paletti di frassino, crocifissi d'argento, acqua santa e teste mozzate sono i modi migliori per eliminare un vampiro), ma risulta moderno, fresco, nonostante sia stato scritto più di dieci anni fa.
I fanatici delle armi andranno in visibilio, fra i vari fucili, Uzi (spero di non essere l'unica a sorridere malinconicamente pensando ai vecchi Tomb Raider per la PS1 :D) e pistole che sparano pallottole d'argento, sempre accompagnate da pugnali dello stesso materiale nascosti in qualche fondina.
Riti per resuscitare i morti che riconducono al satanismo alla tradizione voodoo, rendono l'atmosfera del libro ancora più inquetante.
Tutto in questo libro è inquietante, rende il lettore paranoico, ti aspetti che spunti qualcosa di davvero brutto da un momento all'altro.
Per gli appassionati del genere sarà un vero piacere (io l'ho finito leggendo come minimo un centinaio di pagine alla volta).
Se non sapete l'inglese o semplicemente vi pesa il culo, la Tea edizioni lo pubblica in edizione economica a 8,60 €. L'edizione regolare costa circa una decina di euro di più, ma io non ce li spenderei visto come è tradotto.

voto: 8/10

The Tony Danza Tapdance Extravaganza: Danza II: The Electric Boogaloo

Etichetta: Metal Blade/Black Market
http://www.myspace.com/tonydanzatapdanceextravaganza

Estrapolare qualcosa di buono dal caos sonoro è un compito assai arduo per qualsiasi band e pochi sono riusciti nell'impresa, dai capostipiti Strapping Young Lad fino ai The Red Chord (fino a "Clients"), passando a numerosi altri gruppi death/grind-core dei giorni d'oggi che ci propongono partiture sempre più schizzate e veloci, tra i quali è doveroso citare i Dillinger Escape Plan con il loro math-core impazzito, ma se dobbiamo assegnare lo scettro di gruppo pazzo del momento dobbiamo assolutamente darlo ai Tony Danza Tapdance Extravaganza, che già si fanno notare per l'impronunciabile monicker e l'improbabile proposta musicale.
A differenza dei loro cugini Psyopus o dei gruppi sopracitati (che per vari motivi: morte del gruppo, alleggerimento del sound, non propongono più lo stesso tipo di sound) i TDTE con gli strumenti in mano hanno le idee chiare, propongono un grind-core vagamente sperimentale, senza essere dispersivi, ogni canzone è abbastanza riconoscibile e fa presa sin dal primo ascolto, stupendo per la perizia tecnica e l'esecuzione pazzesca delle partiture più complesse e i cambi di tempo repentini.
Il disco non presenta inoltre tempi morti o cali di tensione e inutili fronzoli o sperimentazioni troppo assurde, come di questi tempi non se ne può più, quindi, porgiamo omaggio ai TDTE come nuovi padroni del grind-core schizzoide e aspettiamo l'imminente "Danza III" con la speranza che anche loro non si ammorbidiscano.

Voto: 7,5

Lifetime - Lifetime

Decaydance


Genere: Hardcore melodico/Emo-pop-punk

Raccomandato Se Vi Piace: Kid Dynamite, The Get Up Kids, Reach The Sky, Slick Shoes, Saves The Day, Midtown, Ultimate Fakebook

Tornano dopo 10 anni, su etichetta discutibile (la Decaydance di Pete Wentz, noto alle cronache per essere il membro più piccolo (il doppiosenso è voluto) dei Fall Out Boy ed il marito di Ashlee Simpson), i pionieri di quell’hardcore imbastardito di pop-punk, che tanti proseliti fece negli anni 90 e che influenzo notevolmente i primi lavori di band come Get Up Kids, Slick Shoes, Saves The Day e gli ultimi lavori di band come i Reach The Sky. Ma è soprattutto a band come i Kid Dynamite (anche loro pionieri a suo tempo), che i Lifetime si possono accostare senza problema alcuno, data l’elevata caratura dei loro pezzi, anche dopo parecchi anni di inattività. Il cd poi, fila che è una bellezza: “Just A Quiet Evening” con il suo mid-tempo, fa pensare ai primi Get Up Kids come anche “All Night Long”, “Haircuts And T-Shirts” oltre a criticare quella scena emo, a cui loro hanno dato un buon contributo, è una piccola mina pronta ad esplodere, “Yeems Song For Nothing” è bella malinconica, come piace a me, e il duetto iniziale “Northbound Breakdown” ed “Airport Monday Morning” è assolutamente da urlo, per un cd che non lascia assolutamente spazio a momenti morti. Un ottimo ritorno. Soprattutto gradito. Grazie Jersey’s best dancers…

Voto:9/10

sabato 6 dicembre 2008

Murder By Death - In Bocca Al Lupo



Tent Show, 2007

genere: alternative / country-folk / rock

Tracklist
01. Boy Decide
02. One More Notch
03. Dead Men And Sinners
04. Brother
05. Dynamite Mine
06. The Organ Grinder
07. Sometimes The Line Walks You
08. Raw Deal
09. The Big Sleep
10. Shiola
11. Steam Rising
12. The Devil Drives

Questo album è una discesa agli inferi. No, non c'è da spaventarsi, niente death metal o cori apocalittici.
La passeggiata nell'inferno sta nei testi, chiaramente ispirati alla Divina Commedia di Dante. Dodici ritratti di peccati e peccatori, accompagnati da sonorità cupe e di sapore "gotico americano" (se avete presente quel dipinto, siete già a cavallo. Ma per rendere le cose più facili, eccolo), il quasi onnipresente violoncello e una batteria martellante.
Ci sono echi del profondo sud, di Johnny Cash e il Nick Cave più country / blues, più decadente, senza dimenticarci di Tom Waits e dei suoi personaggi ai limiti della società. Influenze sapientemente apprese e rimescolate dai Murder By Death nello scorrere delle tracce.
Boy Decide è una galleria di tipologie umane, con una esortazione a decidere di dare una forma alla propria esistenza, anche se è ormai tardi. One More Notch pare quasi uscita da un film dell'orrore, con la sua intro inquietante di violoncello. Intro che, però, sfocia in ritmiche da tango e liriche ispirate al secondo cerchio dell'Inferno, quello della lussuria. Dead Men And Sinners sembra uno di quei canti di pirateria, con tanto di clangori di catene disseminati qua e là. Brothers, più movimentata, parla di legami familiari e profonde diversità tra gli individui che ne sono legati (
I know there's better brothers, but you're the only one that's mine), e così via, scorrendo di traccia in traccia, si scoprono storie "maledette" e ironiche, dal sapore agrodolce e disperato, fino al climax di The Devil Drives, ultima traccia, che sembra trarre le fila dell'intero lavoro, con una conclusione amara, ma non per questo priva di speranza (We've made mistakes that we can't change, but there's still time to start again).
Un lavoro superbo, a tratti ambizioso, ma perfettamente riuscito. I Murder By Death, e in particolare questa loro terza fatica, sono assolutamente da tenere d'occhio. Certo, un genere un po' "di nicchia", quello che propongono, ma sicuramente suggestivo e ricco di spunti e citazioni interessanti.

voto: 8/10
(sì, a differenza del capo io sò buona :°°°D)

Soporus - Atomove Elektrarne

Burnt Toast Vinyl
Genere: Ambient/Post-Rock

Raccomandato Se Vi Piace: Questions In Dialect, The Magic Lantern

Soporus, mai nome fu più adatto di questo.Si tratta di musica soporifera, atmosferica, sognante, forse anche troppo.Quattro tracce, di durata particolarmente breve, per essere un disco di genere, di cui le prime due fanno venire il latte alle ginocchia, mentre le ultime due rilassano in maniera indicibile.Un disco così così, da parte di un etichetta che finora non mi aveva mai deluso.

Voto:5/10

giovedì 4 dicembre 2008

Aces Over Kings - What Doesn't Kill You

Autoprodotto

Genere: Pop-Punk

Raccomandato Se Vi Piace: MXPX, Blink 182, Green Day, Allister, Bracket

Fan del pop-punk più mainstream, eccovi qui un nuovo gruppo da poter ascoltare senza necessari sforzi mentali. Gli Aces Over Kings, fanno tutto quello che MXPX, Blink 182, Green Day hanno contribuito a far girare in tutto il mondo: e nemmeno lo fanno male, anzi.Solo che il cd risulta particolarmente orientato verso quella nicchia (enorme a dire il vero) di pubblico che ascolta solo Green Day, Blink 182 e MXPX (questi ultimi quando sono particolarmente alternativi) e quindi non ha nessuna veilletà fake emo (Dio sia lodato) ma non propone nemmeno novità alcuna, neanche minuscola. Però è ascoltabile, quello sì.

Voto:6/10

martedì 2 dicembre 2008

Violent Arrest - Violent Arrest LP

Deranged Records

Genere: Hardcore
Raccomandato Se Vi Piace: Ripcord, Jerry’s Kids, Poison Idea, Adolescents

Dopo anni passati a suonare hardcore con il nome Ripcord, tre quarti del gruppo si reinventano in un nuovo progetto che suona simile al loro vecchio monicker. Troppo, per i miei gusti.Violent Arrest è un disco come se ne trovano a bizzeffe, un misto tra hardcore anni 80 inglese (Discharge, G.B.H.) e americano (Jerry’s Kids (di cui coverizzano “Wired”), Poison Idea, Adolescents e D.O.A.).Nulla di speciale quindi.

Voto: 4/10

lunedì 1 dicembre 2008

Therefore I Am - You Are Connected

Autoprodotto

Genere: Nu-Emo/Alternative Rock

Raccomandato Se Vi Piace: The Used, We’re All Broken, Hidden In A Plain View, From First To Last, Damiera

Ne carne ne pesce.Se i Therefore I Am fossero una pietanza, sarebbero il tofu.Totalmente insipidi, i Therefore I Am, in questo “You Are Connected”, collezionano i sei pezzi scritti dalla band e pubblicati sotto forma di singoli in vinile, da tempo esauriti, che nulla aggiungono e nulla tolgono alla cosidetta scena.
Prendono solo spazio nella collezione musicale di qualsiasi “emo-kid”.Ah i Therefore I Am, se vi può interessare (non si sa mai), fanno una roba a metà tra il secondo cd dei The Used ed “Heroine” dei From First To Last: l’unica cosa “figa” è che lo spruzzano abbondantemente di Damiera.Almeno ci provano a fare qualcosa di decente, peccato che non si chiamino tutti Dream State…

Voto:5/10

La ragazza che saltava nel tempo

finalmente una recensione su quello che è davvero il mio campo :'D.



Kazuko Yoshiyama è una giovane studentessa giapponese che trascorre l'estate in totale normalità, fra amici, amore e il pensiero di quello che farà della sua vita una volta finiti gli studi. Finchè scopre di avere la capacità di poter "saltare indietro nel tempo", per modificare così il suo presente.
La storia è tratta da un libro del 1965 di Yasutaka Tsutsui, volume che ho cercato in lungo e in largo ma che risulta praticamente introvabile.
Le due versioni che sono state riproposte in questi ultimi anni presentano alcune differenze rispetto al libro, e fra loro stesse. Comunque la storia di base rimane la stessa: una bella, dolce e simpatica rivisitazione dell' "effetto farfalla" e della teoria del caos.


La prima è l'anime-movie edito dalla Madhouse (mitica casa produttrice che ha sfornato film e serie di altissimo livello, da quelle di qualche anno fa come Trigun alle relativamente nuove in italia Nana e Death Note) nel 2004.
Per chi già conosce il genere, troverà molte analogie con la serie di Nana, sul punto di vista fotografico: i paesaggi cittadini dai pastellati, e i caldi tramonti su una Tokyo di qualche anno fa, sono uno stacco perfetto fra le varie vicende che compongono la storia.
Le scene del "time-lap", i viaggi nel tempo, sono fantastiche: colori accesi e musica travolgente, sembrano far viaggiare un pò anche noi (e chi non lo vorrebbe fare almeno una volta, eh?).
"La ragazza che saltava nel tempo" è uno dei capolavori della Madhouse, che ancora una volta dimostra di essere la migliore esponente giapponese (anzi, mondiale) nel settore degli anime. Il dvd, disponibile in edizione normale e collector's edition, si può ordinare senza problemi nei negozi specializzati.





La versione manga è stata pubblicata nel luglio/agosto 2008 dalla Panini-Planet Manga, in due volumi da 4.30€ caduno, facilmente reperibili in qualsiasi fumetteria.
La storia, in questa versione, risulta più complessa e meno scorrevole ovviamente, ma comunque piacevole.
Al contrario di quanto si potrebbe pensare, la psicologia dei personaggi è più superficiale rispetto a quella che si riscontra nel film, mentre invece l'ambientazione è più fedele alla Tokyo anni sessanta (particolare che è stato leggermente messo in secondo piano dalla Madhouse).
I disegni non sono ricchi nei particolari, le linee spigolose ricordano un pò i manga anni '90, e la qualità della carta è sempre quella (mediocre, ma non comunque la peggiore in circolazione) che ci offre la Panini.



Insomma, consiglio vivamente a tutti di tuffarsi in questo mondo un pò vintage, molto surreale ma anche molto dolce.

manga: 6/10.
anime movie: 9/10. (un capolavoro della Madhouse, non smetterò di ripeterlo :D).

Per approfondire:
Letture: effetto farfalla-wiki, "Rumore di Tuono" ("A Sound of a Thunder") di Ray Bradbury.
Film: "The Butterfly Effect" I e II e "Sliding Doors".

domenica 30 novembre 2008

Walls Of Jericho - Redemption


Trustkill Records

Tracklist:
1. Ember Drive
2. My Last Stand
3. No Saving Me
4. House of the Rising Sun
5. Addicted

Si è abituati ai Walls of Jericho come a una delle più incisive e aggressive band metalcore degli ultimi anni, saliti alla ribalta anche per la particolarità di avere una screamer femmina, Candace Kucsulain (che personalmente stimo profondamente, anche per le tonsille che si ritrova, non vogliatemene :°D), quindi può destabilizzare l'ascolto di questo EP, uscito lo scorso aprile e prodotto da Corey Taylor (Slipknot e Stone Sour, ma che ve lo dico a fà), che partecipa anche in tre pezzi (l'iniziale Ember Drive, My Last Stand, Addicted), perché le sonorità sono quanto di più lontano dallo stile dei nostri. Si tratta infatti di una manciata di pezzi acustici, in cui Candace dà sfoggio delle sue doti canore: la sua voce è profonda e tranquillizzante, a tratti riprende vagamente un po' dell'energia consueta, sposandosi perfettamente con le atmosfere del disco, malinconiche e decadenti. C'è spazio anche per una versione dell'ormai ipercoverizzata House Of The Rising Sun, che non perde nemmeno un attimo il suo fascino e che la fa collocare nella schiera delle mie cover preferite di sempre. La chiusura dell'EP è affidata ad Addicted, in cui Corey Taylor non si limita a comparire nei controcanti, ma ha delle strofe tutte sue, cosa che fa apprezzare il timbro della sua voce in ambiti più pacati rispetto ai suoi soliti.
Insomma, secondo me questo lavoro è una piccola sorpresa per i fan di vecchia data dei Walls Of Jericho e un piacevole modo, per quanto lontano dal loro sound abituale, per imparare a conoscere il talento di questa band, che stimo moltissimo.

voto: 8/10

Dream State - Something To Believe In

Autoprodotto

Genere: Pop-Rock

Raccomandato Se Vi Piace: Copeland, Maxeen, Something Corporate, Cool Hand Luke, Mae

Ok i Dream State hanno sinceramente un talento fuori dal comune. Ho recentemente trovato e ascoltato più e più volte questo loro primo lavoro intitolato “Something To Believe In” e l’ho trovato veramente delizioso. Una bravura che purtroppo dalle notizie che mi giungono direttamente dal gruppo (hanno appena finito di registrare il nuovo disco ma chiedono un aiuto ai fan di prestargli un po’ di soldi per poter pagare il produttore e poter distribuire il loro lavoro) non è presa assolutamente in considerazione dalla scena americana, dato che dopo due ottimi dischi (questo e il seguito che è “A Place To Rest My Head”) si trovano ancora senza etichetta. Sono cose che mi fanno girare le palle. Tornando al disco, questo è un ottimo esempio di pop-rock/nu-emo pianistico suonato come si deve, nessuna traccia è fuori posto qui: la voce femminile in “Something To Believe In” è relegata a fare da backing vocals in alcune tracce, al contrario del ruolo da protagonista che aveva nel successivo album, e tutto il lavoro risulta molto più rock del secondo. Si avvicinano terribilmente in territori sconfinati da gente del calibro di Mae, Something Corporate, Jack’s Mannequin e Cool Hand Luke ma lo fanno con notevole passione e grandissima qualità: alcune tracce (“Don’t Walk”) potrebbero tranquillamente essere delle grandissime b-sides di “Leaving Through The Window” mentre “Change”, potrebbe essere la traccia perfetta dei Mae meno eterei. Un cd veramente suonato come Cristo comanda. Solo questo ho da aggiungere.

Voto: 8,5/10

Twilight - il film


Titolo originale: Twilight
Genere: Romantico
Regia: Catherine Hardwicke
Durata: 120 min ca.
Interpreti Principali: Kristen Stewart, Robert Pattinson, Billy Burke, Peter Facinelli, Elizabeth Reaser, Nikki Reed, Ashley Green, Jackson Rathbone, Kellan Lutz.
______________________________________________
Ebbene sì. Penserete: "e che palle cò sto film di Twilight!". Ed è quello che penso anch'io, per questo ho deciso di raccontarvi la mia storia, come ad una specie di riunione di A.A., solo che invece noi siamo "i coglioni che hanno buttato sette euro per vedere un film del cazzo".

Il cinema della piccola città di provincia in cui vivo ha un bar annesso. Avendo finito le mie commissioni un'oretta e mezza prima dell'inizio dello spettacolo, vado lì, pago due euro una lattina di birra che sapeva di piscio, e mi siedo fuori a fumare una sigaretta contemplando la scena alla Super Quark che mi si presentava.
Neanche fossi ad un concerto, la gente arriva UN ORA PRIMA DELLO SPETTACOLO (e ripeto, vivo in provincia) a comprare i biglietti. Qualche minuto prima dell'ingresso si forma una calca allucinante, e delle imbecilli dietro di me pianificano catene umane e buffonate del genere.
Addirittura la gente corre per salire in sala, giuro, sono rimasta basita (anche perchè la sala alla fine è risultata comunque semivuota).
Mi siedo in un posto decente insieme alle mie amiche, e appena calano le luci la sala scoppia in un urlo da crisi ormonale. Idem quando entra in scena Robert Pattinson, il "bel tenebroso" della situazione, Edward Cullen, il vampiro romantico, strafigo e sessualmente represso. Tutti gli altri attori sono solo di contorno, la vera funzionalità del film è contemplare la figura (espressiva quanto l'ispettore Derrick) dell'idolo delle fangirls.
Insomma, dovrebbero distribuire gratuitamente il porto d'armi all'entrata.

Con il mio occhio da ragazza che è di certo troppo cresciuta per il fangirlismo (anche se purtroppo è una malattia che può colpire certi soggetti predisposti a qualunque età), ho trovato il film carino.
Non ho applaudito, non ho detto "waaaah è sTuPeNdO!!!11!!", ma l'ho trovato passabile.
La fotografia non è male, anche se a tratti è davvero da mal di testa (inquadrature "futuristiche" fallite), ho gradito particolarmente la scelta dei colori freddi e desaturati. Gli effetti speciali non sono il massimo ma comunque buoni, la colonna sonora a volte calza perfettamente (vedi: "Supermassive Blackhole" dei Muse nella scena del baseball).
Il film rovina totalmente il libro (si, l'ho letto): non approfondisce il carattere dei personaggi (che, ricordiamo, a parte Pattinson sono tutti irrilevanti), non rende la temporalità della storia, facendo sembrare tutto un delirio di una manica di imbecilli.
E, ahimè, ci sarà anche un sequel (speriamo non uno per ogni libro).

In conclusione direi che non ne vale la pena. Se proprio dovete, andateci nei giorni in cui si paga di meno (e portatevi il Valium se non volete avere ragazzine minorenni sulla coscienza), scaricatevelo o aspettate che esca da blockbuster. E' il classico filmetto di seconda categoria da guardare la domenica pomeriggio quando non si ha nulla da fare: piacevole per passare un pò di tempo, ma nulla di più. Un pò come guardare le repliche di Lizzie McGuire su Italia uno, il target è lo stesso.

voto: 5/10.

sabato 29 novembre 2008

Small Arms Dealer - A Single Unifying Theory

Deep Elm Records

Genere: Emo-Punk/Punk-Rock
Raccomandato Se Vi Piace: Latterman, Nothington, Young Livers, Hot Water Music

Escono su Deep Elm, ma presentano un suono No Idea decisamente edulcorato e capace di farsi amare alla follia, per chi con queste cose sporche, solari e a volte malinconiche, ci va a nozze. Esordiscono così gli Small Arms Dealer, band uscita per la label del North Carolina sulla scia dei Latterman, lanciati anch’essa dalla suddetta etichettal e fautori di uno stile pressoché simile a quello dei creatori di “A Single Unifying Theory”: il disco, nel suo piccolo è una piccola gemma di punk-rock melodico, capace di stupire con canzoni del calibro dell’opener “A Fire In The Mine” (con un gran bel testo), “Tonight…On A Very Special Episode” e “Scumbagsville, CT” e con titoli così nerd che il fan Marvel che è in me non può non amare (“Galactus: Devourer Of Worlds” è la punta dell’iceberg, seguito da “What Would Bruce Campbell Do?”).Si vede che non sapevo cosa scrivere?
Voto:7/10

venerdì 28 novembre 2008

Thomas Pynchon - V. / Thrice - Vheissu



Island Records

Tracklist:
01. Image of the Invisible
02. Between the End and Where We Lie

03. The Earth Will Shake

04. Atlantic

05. For Miles

06. Hold Fast Hope

07. Music Box
08. Like Moths to Flame

09. Of Dust and Nations

10. Stand and Feel Your Worth

11. Red Sky


Perchè.
C'è da chiedersi perchè mi sia decisa a fare la recensione di un libro che ho molto apprezzato, ma ancora non compreso appieno (dovrò rileggerlo un'altra volta, ma lo farò con un godimento pressochè prossimo all'infinito), insieme alla recensione di un album che trovo tra i fondamentali del mio archivio musicale, e di cui, anche di questo, mi sfugge un significato globale.
Diciamo che la risposta viene, in un certo qualmodo, da Dustin Kensrue stesso.
Il cantante e chitarrista dei Thrice, sì.
Che ha letto V. e ne è rimasto talmente affascinato da proporne la lettura anche ai suoi bandmates (Teppei Teranishi, Eddie e Riley Breckenridge), e da intitolare il loro album capolavoro (secondo me è il più bello e complesso di tutti, persino della tetralogia sugli elementi, che oh! devo ancora recensire :°D sono mesi che la programmo, ma ancora giace nel dimenticatorio del mio cervello. Chiedo venia) come l'immaginaria terra raccontata con aura di mistero, Vheissu, appunto, in più d'una delle parti del romanzo.
Romanzo complesso, appunto. come complessa e laboriosa è la ricerca di Stencil, uno dei protagonisti, se non IL protagonista, del significato di V.
Cos'è? Chi è? Cosa rappresenta?
"V. è un'entità misteriosa, forse è il principio stesso della femminilità; V.assume molteplici aspetti e sembianze, e sfugge a ogni precisa identificazione. V. è di volta in volta la dea Venere e il pianeta Venere, la Vergine, la città della Valletta a Malta, il Venezuela, l'immaginaria terra di Vheissu. E V. è anche molte donne: Vittoria, Veronica, Violet... V. è un enciclopedico, labirintico, ambizioso, infinito e corrosivo gioco di specchi."
Questo è scritto nel retro di copertina, e ho creduto doveroso riportarlo, in quanto è l'unico modo abbastanza breve in cui si possa descrivere questo romanzo assolutamente unico nel suo genere. Thomas Pynchon, beh, credo quasi di poter dire che sia una specie di genio. Si sposta come un funambolo da una situazione all'altra, da un lasso temporale all'altro, dall'America, all'Africa, a Firenze, fino a Malta, fulcro, forse, geografico dell'intero romanzo, là dove si tirano le fila della questione, dove la verità (e forse è proprio questo il significato di V.: la ricerca della Verità) viene, in un qualche modo, a galla. È tremendamente difficile come lettura, ma credo ne sia valsa la pena, e credo ne varrà ancora di più nel momento in cui lo riprenderò in mano e lo leggerò con più attenzione, perché sono rimasta completamente affascinata dalla sua incomprensibilità.
Altrettanto visionario e criptico è Vheissu, l'album dei Thrice, uscito nel 2005 sotto la Island Records. Musicalmente, i nostri hanno fatto un salto clamoroso da The Artist In The Ambulance, abbandonando quasi del tutto le sonorità puramente post-hardcore degli inizi (che si sentono pienamente in un pezzo come Hold Fast Hope), dando vita a quello che qualcuno ha definito un "post-hardcore intelligente", ossia coadiuvato da pesanti sperimentazioni in bilico tra il trip hop e l'acustico, con inserti di pura meraviglia (il carillon che introduce a Music Box, inquietante e affascinante allo stesso tempo, per fare un esempio). Numerosi gli interventi di strumenti estranei alla classica formazione chitarre-basso-batteria: pianoforte, Fender Rhodes, archi, passaggi elettronici, e a fare da cornice al tutto, testi visionari, spesso a tematica biblica, o comunque astratta. È un piacere ascoltarlo da cima a fondo, cogliendone ogni minima sfumatura sonora (tanto per fare un esempio: parlando del loro album precedente, The Artist In The Ambulance, rimane subito ben impresso uno dei singoli, Stare At The Sun. Sembra un pezzo come tanti altri del genere, energico, con un ritornello trascinante, una cosa semplice, insomma. E invece, se si ascolta attentamente, si sentono sfumature complesse sia nelle parti di basso che nella chitarra di Teppei Teranishi. È praticamente impossibile da riproporre come cover convincente, a meno di non essere musicisti coi controcazzi, secondo me.), ogni passaggio, e tutto torna, tutto si incastra perfettamente al suo posto, con la disinvoltura di una cosa semplice. Ma la musica dei Thrice non lo è, non lo è mai stata, e mai lo sarà. Non appassiona al primo ascolto, ma incuriosisce, e spinge a essere riascoltata più e più volte, finchè non si rimane ipnotizzati dalla ritmica, dalle chitarre, e anche dalla voce di Dustin Kensrue, capace di passare dallo scream al sussurro in un battito di ciglia.
Poi, vi do un consiglio, anche se in una recensione non dovrebbero esserci questi consigli da nonnina che la sa lunga: ovviamente dovrò capire dove e come, in che ordine mettere le canzoni per poterlo rifare ancora, ma ho provato ad ascoltare Vheissu mentre leggevo V. E il risultato è stato stupefacente: sarebbe stata la colonna sonora perfetta, credetemi. Se volete provare a leggere questo libro, e a conoscere questo gruppo, tentate questo esperimento, perchè ne vale seriamente la pena.

voto (anzi, votI)
Vheissu: 10/10 (niente da dire. non gli trovo un solo difetto.)
V.: 8/10 (ovviamente devo rileggerlo, ma l'ho comunque trovato pazzesco.)

giovedì 27 novembre 2008

Vitruvian - Gnosis And Sophia


Autoprodotto

Genere: Alternative/Emo-Rock

Raccomandato Se Vi Piace: Matchbook Romance, 30 Seconds To Mars, My Chemical Romance, Three Days Grace

A parte il nome e il titolo dell’album, che evocano atmosfere concettuali, questo cd invece riflette più o meno l’atmosfera che si respira negli USA. I Vitruvian erano (sì perché, guarda caso, si sono sciolti)un ottima band underground capace di assimilare influenze da tutte le band “emo” (il virgolettato è d’obbligo) mainstream, come Matchbook Romance e My Chemical Romance e completare il loro suono con una buona annaffiata di alternative rock alla 30 Seconds To Mars o Three Days Grace: il loro “Gnosis And Sophia” risulta quanto meno abbastanza originale, nel suo suono trito e ritrito, e soprattutto, è un lavoro ben composto, ben prodotto, dove più di una canzone rimane in testa al primo ascolto (“I’ll Be The Anchor”,”It Takes A Spark”, “Burn Your Ships”). Se volete spulciare la rete alla ricerca di un cd molto carino ma allo stesso tempo, che non aggiunge nulla alla crescita musicale del genere, siete liberi di farlo.

Voto:7,5/10

lunedì 24 novembre 2008

The Magic Lantern - The Magic Lantern

Burnt Toast Vinyl

Genere: Post-Rock/Psychedelic

Raccomandato Se Vi Piace: Aughra, Mosh Patrol, Questions In Dialect

Che io faccia recensioni di roba cui la maggior parte della gente non presta particolare attenzione, è indubbio.Che però recensisca alcune perle che sono lasciate a prendere aria senza motivo e dovrebbero godere di una, quantomeno meritata, considerazione è soggettivo ma in un certo senso indubbio anch’esso.
I The Magic Lantern, svedesi di Umea, corrispondono alle caratteristiche di quanto scritto sopra.Sono sconosciuti, fanno un genere che i quattro quarti delle persone considerano inutile e pesante (il post-rock ambientale, pieno di rimandi ad atmosfere notturne e quasi cinematografiche) e lo fanno in modo particolarmente convincente. Due soli pezzi, il primo da 12 minuti, “In the Wet Morning Dew with Bare Feet and an Open Palm” il migliore dell’intero lotto e il secondo “Stories to Be Told in A Cabin by the Lake” da 8 minuti. Pezzi che comunque fanno una gran bella figura, anche nel vasto catalogo della Burnt Toast Vinyl, che come al solito si conferma un valido punto d’appoggio per chi ama questa musica.

Voto:7/10

domenica 23 novembre 2008

The Draft - The Draft EP

Epitaph
Genere: Emo-Punk

Raccomandato Se Vi Piace: Hot Water Music, Young Livers, Off With Their Heads, Nothington, Leatherface, The Gaslight Anthem

Dei The Draft penso ne avrete già sentito parlare: per chi non avesse sentito nulla , stiamo parlando degli Hot Water Music che con l’addio del chitarrista Chuck Ragan hanno soltanto cambiato nome e preso un altro membro nel gruppo. La band quindi decide di cavalcare l’onda di questo rinnovato “successo” e mette a disposizione sul sito della Epitaph questo EP digitale, composto di quattro tracce, che risultano tutto sommato molto interessanti. “Devil In The Shade” è la vera perla del gruppo, prendendo tutto ciò di buono fatto dagli Hot Water Music da “Caution” in poi rendendolo malinconico al punto giusto, “Na Na Na” sta sullo stesso piano del loro debutto così come anche le restanti “Stop Wasting My Time” (un po’ anonima a dire il vero) e la buonissima “Up All Night”. Per chi ha già provato il genere e vuole sentire qualche buona canzone. Posso quasi affermare che The Draft è sinonimo di sicurezza, ma di questi tempi, mai tentare il fato…

Voto:7/10

Art is Hard.

Benvenuti a questo nuovo blog, dedicato soprattutto a recensioni di carattere musicale (ma che non disdegnerà alcune incursioni in campo sia cinematografico che librario/fumettistico nonchè anche in quello artistico a tutto tondo).
Spero che avremo un buon riscontro per poter continuare questa nuova esperienza.

Valerio.