domenica 7 dicembre 2008

The Cure - Seventeen Seconds


(1980, Fiction Records)

Genere: new wave

Seventeen Seconds, 1980. Robert Smith, che con questo disco inizia la sua lenta discesa verso le più cupe elucubrazioni mentali, alla voce ed alla chitarra, Simon Gallup al basso, Lol Tolhurst alla batteria e Mathieu Hartley alle tastiere.
Diciassette secondi. Dieci tracce. Ed un suono meraviglioso, atmosferico, cristallino. Essenzialmente semplice ma straordinariamente d'effetto.
A Reflection, strumentale, ci introduce, con le sue tastiere delicate, a passo di danza, verso il beat della seconda traccia, Play For Today. Canzone stranamente movimentata, con la chitarra che da' ennesimamente prova di essere causa ed effetto dei pensieri del suo demiurgo, Smith. Il basso di Gallup e la sezione ritmica scarna curata da Tolhurst fanno da contorno alla voce tormentata del cantante, che qui è ad una delle sue migliori prove. Segue il sussurro debole di Secrets, una ritrovata ed insperata intimità che si poggia su di un giro di basso a tratti inquietante.
In Your House è un altro bellissimo e delicato pezzo, che riprende metaforicamente le basi di A Reflection, una sorta di continuazione su una strada che, dopo quattro canzoni, iniziamo a conoscere già abbastanza bene.
Il silenzio e la sensazione di vuoto e desolazione sono temi che ossessionano Smith: "I hear no sound in your house, silence in the empty rooms - I drown at night in your house, pretendig to swim". Sensazioni ed impressioni che si imprimeranno a fuoco nell'animo del cantante, e che preannunciano le ombre ed i tormenti dei dischi successivi.
Three e The Final Sound, la prima strumentale, con i lamenti di Smith in sottofondo, e la seconda un piccolo e quasi sconnesso preludio di tastiere, ci introducono a quello che è il vero capolavoro del disco, A Forest.
L'intro è rarefatta, e la chitarra si fa strada, con circospezione, dentro quella foresta che sembra quasi pulsare dentro le nostre orecchie.
Il tema della canzone ci riporta, nuovamente, alla trafelata paura di perdere chi amiamo, e Robert Smith è maestro in questo: sa calarsi, e calarci, perfettamente all'interno delle sue storie. A Forest è un gioiello che rifulge, nonostante si sentano ancora vibrare i fantasmi più tetri, a ritmo funereo.
M, ottava traccia, il cui titolo è dedicato alla findanzata di Smith, Mary Poole, è una tenera ballata velata di malinconia, mentre At Night è l'ennesima, triste ma sempre bellissima meditazione sulla vacuità dell'esistenza.
Il disco si conclude con la title-track, Seventeen Seconds. Finiscono le danze, ma non il cuore di Smith non trova pace: "Feeling is gone, and the picture disappears - And everything is cold now - The dream had to end, the wish never came true".
Una cupa iniziazione, ma un album di rara bellezza.

Voto: 8 ½/10

1 commento:

Valerio Martini ha detto...

Ottima prima recensione.
I Cure mi seguono da quando sono piccolo (mia sorella è una patita di Cure) quindi questo cd me lo ricordo ancora. A Forest è veramente il gioiello del cd.