sabato 28 febbraio 2009
Californication
a Hank Moody (un David Duchovny in stato di grazia e maledettamente pregno d'ironia) non piace la California. non gli piace Los Angeles, e a quanto pare non piace nemmeno al suo estro di scrittore: trovatosi nella condizione di doversi trasferire lì, da New York, per il riadattamento di un suo libro profondamente nichilista, God Hates Us All (Dio Ci Odia Tutti), in una commedia romantica intitolata A crazy thing called love con "Tom e Katie" (ahahaha), vive nell'odiata città degli angeli da ormai troppo tempo, tanto che le sue capacità creative paiono essersi affievolite, sgonfiate come un canotto dimenticato sulla spiaggia. come se non bastasse, ha una gran bella sequela di grattacapi da risolvere, tra cui tentare di riconquistare la ex-compagna, nonchè madre di sua figlia (un esserino prepuberale che ha più o meno venduto l'anima al diavolo in nome del rock 'n roll, e che sembra la versione umana di Emily The Strange. la adoro.) , essere un padre presente per la suddetta (e dai, glielo concedo: ci sa fare, almeno con la prole. :°D) e cercare di non cacciarsi nei guai, visto che tenta di mettere un toppino alle sue beghe concentrando tutte le sue attenzioni sul sesso. ne fa tanto, a vagonate, compulsivamente e sempre accompagnato da incentivi alcolici o stupefacenti, il che gli provoca ulteriori grattacapi che si ritorcono in una spirale grottescamente e strettamente avvolta intorno a lui e che lo coinvolge in situazioni spesso al limite dell'imbarazzante. la prima stagione, dodici episodi, è stata trasmessa in italia dal canale Jimmy, su Sky, la seconda ancora niente ma è reperibile sottotitolata (ho iniziato da poco a guardarla), la terza inizierà in America nell'autunno 2009 e, che dire...questo telefilm è geniale, fuori dalle righe in tutti i sensi possibili e immaginabili, soprattutto sconfina dal modo tradizionale di affrontare determinate tematiche: qui vengono sbattute senza troppi complimenti davanti al muso dello spettatore, che generalmente ne rimane spiazzato. io, personalmente, mi sono fatta tante risate. spiazzata, sì, ma ridevo a nastro.
venerdì 27 febbraio 2009
The Faceless - Planetary Duality
Genere: Technical Death Metal/Progressive Metal
Se vi piacciono: Death, Decrepith Birth, Spawn Of Possession, Cynic
Giunti al secondo full lenght i The Faceless stupiscono con un cd che supera il già ottimo debut, ad una età giovanissima, il combo a stelle e striscie riprende quello che i Decrepith Birth hanno riproposto l'anno scorso con l'incredibile "Diminishing Between Worlds", ovvero death metal tecnico seguendo le impronte dei grandissimi maestri del passato come Death e Cynic, cioè con una forte componente progressive, melodica e allo stesso tempo brutale.
La musica proposta è di arduo ascolto per un profano, ma posso assicurare che se siete minimamente avvezzi a sonorità un po' fuori dalla norma, troverete passaggi di alcune canzoni persino catchy (per quanto catchy può essere il death metal) e con soluzioni molto variegate, che rendono le composizioni estremamente personali e di immediato impatto; di fatto rendendo ogni canzone immediatamente riconoscibile e di elevatissimo tasso tecnico.
Come dicevo, i nostri giovani le provano tutte per far variare le canzoni, dai soliti arpeggi melodici, agli sweep devastanti, agli armonici, ai controtempi, fino ad arrivare all'utilizzo di voci robotiche, tastiere e inserti di black metal e voci pulite.
Insomma, pur considerando la giovane età, i ragazzi ci sanno fare alla grandissima, e con qualche limatura qua e là possono diventare dei colossi del genere entro pochi anni, unica pecca del cd forse la produzione fin troppo artificiale specie per le chitarre, ma sto entrando nel dettaglio, e poi ci si lamenta spesso del contrario, per cui tant'è.
Da ascoltare, caldamente consigliato a chiunque, specie se non avete il paraocchi (o orecchie in questo caso)
voto: 8.0
mercoledì 25 febbraio 2009
Hellogoodbye - Zombies!Aliens!Vampires!Dinosaurs!
Raccomandato Se Vi Piace: Cobra Starship, Metro Station, The Secret Handshake
“Zombies!Aliens!Vampires!Dinosaurs!” è stato il disco della mia estate 2007. Certo la mia estate non è stata quello che può far sembrare quest’album (ovvero una vera e propria summer in love spensierata e gaudiosa), ma per uno che voleva un po’ di musica innocua e divertente al tempo stesso, ho avuto esattamente, e anche più, di quello che mi aspettassi. Questo primo lavoro di lunga durata degli Hellogoodbye è quanto di meglio si possa chiedere alla musica pop oggigiorno. Un atteggiamento puramente nerd da parte degli artisti, dei testi così fortemente naif e quasi innocenti (“I felt so bad when your mom, caught us eating ice cream in your room at three in the morning”) e una voce abbastanza ritoccata e manipolata digitalmente (“All Of Your Love”, “Oh It’s Love”,”I Saw It On Your Keyboard”) da risultare deliziosamente adorabile; sono questi gli ingredienti giusti per un disco, quasi, miliare per il genere. Se a questo aggiungiamo una “Here (In Your Arms)” che ha fatto sfracelli un po’ ovunque e una “Figures A And B (Means You And Me)” divertente, tanto da potervi indurre a ballarla davanti alla webcam e postarla su Youtube (non che io l’abbia fatto…), direi che questo è l’album perfetto da prendere per un un bel party estivo, con tanto di piscina e palloni gonfiabili che svolazzano in aria.
martedì 24 febbraio 2009
Frank Turner - Sleep Is For The Week
Raccomandato Se Vi Piace: Jonah Matranga, City And Colour, Dustin Kensrue, Chuck Ragan, Willy Mason
Dallo scioglimento dei Million Dead, Frank Turner non c’ha messo molto per riaffacciarsi nello showbiz. Lo fa infatti nel 2007 con questo album (preceduto da un EP “Campfire Punkrock”, uscito precedentemente, assieme ad uno split con Jonah Matranga e un singolo) intitolato “Sleep Is For The Week”, accompagnato da una bella copertina di Chris Pell e con la sua chitarra acustica che lo segue per tutta la durata del cd. Eh sì, diciamo che il buon Frank ha abbandonato la strada del post-hardcore At The Drive-Iniano e ha cambiato direzione musicale, virando verso un folk acustico (“Back In The Day”, “Once We Were Anarchists”) a tratti punk (“The Ballad Of Me And My Friends” che odora tantissimo di primissimi Against Me!, “The Ladies Of London Town” con Jamie Lenman dei Reuben come guest) e a tratti “emo” (“The Real Damage”, la grandiosa e strepitosa”Worse Things Happen At Sea”, “Wisdom Teeth”). E devo dire che con questo primo lavoro, se l’è cavata decisamente bene.
Voto:7,5/10
domenica 22 febbraio 2009
Ho Voglia di Te
s'i' fosse Babi, mi fare pagare per farmi sbattere sulla sabbia dal primo che passa,
s'i' fosse Pallina, pagherei io Scamarcio per farmi sbattere,
s'i' fosse Gin, non lo so, ma forse sarei l’unica che in questo film ha capito tutto,
s'i' fosse la sorella di Babi, mi informerei sui rischi di un test del dna pre-parto,
s'i' fosse il padre di Babi, prenderei a calci un culo quella scassamaroni di mia moglie,
s'i' fosse la madre di Babi…proverei a..vabbè poi va a finire troppo nel volgare..
s'i' fosse Pollo, non sarei molto contento che quel demente di Step mi butti la moto nel Tevere,
s'i' fosse quelli dell’ANAS sarei contento ancor meno, anzi sarei decisamente adirato,
s'i' fosse uno che intervista il costumista di Ho Voglia di Te, gli chiederei perché nessuna porta il reggiseno,
s'i' fosse Moccia, smetterei di farmi canne ai Parioli,
s'i' fosse un’amante della letteratura, della cultura e della lingua, com' i' sono e fui, incatenerei Moccia al palo “degli innamorati” con quello schifo di lucchetti, farei un grande rogo con tutte le copie dei suoi best-sellers che riesco a reperire e lo lascerei bruciare a fuoco lento mente un eletto gli declama:
“Ho voglia di te..”
“cosa?”
“te lo ripeto ma non mi prendere in giro..ho voglia di te”
“guarda che è per sempre, eh…”
“per sempre..” (mentre getta la chiave)
“è come se ci fossimo solo io e te, solo noi due tre metri sopra al cielo, nel posto dove vivono gli innamorati”
sabato 21 febbraio 2009
Eleni Mandell - Miracle Of Five
Genere: Folk/Pop/Jazz/Country
Raccomandato Se Vi Piace: Nina Nastasia, My Brightest Diamond, Lucinda Williams
Beh non sarà osannata come Norah Jones però anche Eleni Mandell, con questo “Miracle Of Five”, sesto album in poco più di sette anni, le carte in regola per farsi notare le ha tutte. Un disco come questo permeato di folk pop dall’inizio (anche se è il jazz di “Moonglow, Lamp Low” a colpire da subito, con sassofono e atmosfere fumose a contorno di tutto), è decisamente una botta di novità rispetto a quello che ascolto di solito. E’ appunto così una novità, che non so cos’altro aggiungere.
venerdì 20 febbraio 2009
Wall-e
Nonostante io ami e veneri la Disney in maniera a tratti imbarazzante, la Pixar mi ha sempre creato qualche dubbio per colpa dei disegni in computer grafica.
Intendiamoci, Nemo era simpatico, Gli Incredibili anche, ma insomma non è il genere di film che mi andrei a vedere al cinema e chi ci ha provato ha ricevuto risposte evasive per circa un mese.
Poi l'ho visto: oltre ad avere la migliore grafica fin'ora mai realizzata dalla Pixar è tra i film più adorabili, tristi, dolci, romantici e divertenti di sempre.
Non ho altro da aggiungere, bisogna vederlo, obbligatoriamante.
Voto: 9/10
giovedì 19 febbraio 2009
River City High - Not Enough Saturday Nights
Genere: Pop-Punk/Rock/Punk
Raccomandato Se Vi Piace: Divit, The Gamits, Junction 18, Avoid One Thing, Ann Beretta
Una piacevole botta di nostalgia me l’ha data proprio questo “Not Enough Saturday Nights”: mi sembra di essere tornato indietro di qualche annetto, 2002-2003 circa, perché questo disco di pop-punk, intriso di mainstream rock americano, è decisamente vecchio di qualche annetto (anche se devo ammettere che è uscito solo nel 2006). Intendiamoci, è veramente bello ascoltare un cd pop-punk che non abbia la solita, classica, voce “emo” o alla Fall Out Boy, e che non canti canzoni con titoli lunghissimi (dato che i titoli della band vanno da “Amy” al lungo “This Time, The Last Time”), ma che si esibisca in un pop-punk alla Divit o alla Gamits. Di gruppi così ne sono rimasti veramente pochi, decisamente festaioli, punk nel formato canzone, pop-rock nelle orecchie dell’ascoltatore e accenni di country (“This Time, The Last Time”), glam-rock (“Makes No Difference”, “Dogwood Queen”) e power-pop (“A Better Day”) sparsi ovunque. Decisamente fine anni 90.
Voto:6,5/10
Sondaggio pt 2 - Identità di Polaris svelata
Quindi divertitevi pure a sfotterla e la vostra terminerà prima del dovuto.
Ora, altro giro, altro sondaggio.
Recensioni artistiche: che ne pensate?
Via al televoto.
mercoledì 18 febbraio 2009
Latterman - We Are Still Alive
Raccomandato Se Vi Piace: Small Arms Dealer, Smoke Or Fire, Dillinger Four, Off With Their Heads
Ultimo album per il combo di Long Island, questo “We Are Still Alive”: i Latterman in questo cd, danno sfoggio di grande capacità di creare un ottimo disco, partendo dalla base del punk, ovvero l’incisività e l’istintività, e mixando al tutto una buona dose di emo, ovvero una passione che traspare da ogni traccia. Ed è proprio per questo che colpiscono al primo ascolto: una passionalità struggente pervade ogni minima traccia (partendo da”I Decided Not To Do Them” e l’iniziale “Water Manes At The Block’s End” per finire con la lunga “Will Be This On The Test?”, della durata di ben sei minuti) lasciando l’ascoltatore avvicinare ed associare indissolubilmente il nome dei Latterman a quelli delle band, che hanno scritto la storia di questo sotto-genere della musica. Giustamente ristampato anche dalla No-Idea sotto forma di vinile (dopotutto il suono, è più da associare all’etichetta della Florida che a quella del North Carolina), il disco contiene tracce (e titoli!) assolutamente strepitosi come “If Batman Was Real, He Would Have Beaten The Crap Out Of My Friends” e “This Basement Gives Me A Fucking Headache”, di derivazione Dillinger Four. Un disco da avere assolutamente. Senza nemmeno pensare così tanto.
Voto:8,5/10
30 Giorni di Buio
Premesso che gli horror sui vampiri non sono Horror seri; non fanno paura mai.
Preso atto che i vampiri di questo film avrebbero potuto benissimo essere licantropi, cannibali, yeti, troll, skrull, satanisti incazzosi, o suocere rancorose che la cosa non sarebbe cambiata minimamente.
Tralasciando anche il fatto che sono presenti clichè a palate e che capita di recitare le battute in sincrono con i protagonisti per quanto sono prevedibili.
Il nocciolo è che comunque il film riesce a mantenere discreta la tensione per tutta la sua durata, ed essa coadiuvata (per il pubblico femminile almeno), dalla notevossima e assai apprezzabile figaggine di Josh Hartnett (col tempo il ragazzo è migliorato devo dire), ti fa in definitiva passare una buona serata ed andare a letto "libera e felice come una farfalla", (e quest'ultima frase non è una pubblicità occulta di un farmaco miracoloso contro la stipsi).
Voto: 7/10
Codice Carlo Magno
Quanti di voi hanno visto in tv anni fa un film teteschien chiamato Il Codice dell'Eroe?
. . .
Moltissimi vedo con piacere, ottimo, per questi pochi eletti la recensione finisce.
Per la restante pletora di ignoranti, (cit. "nel senso che ignorano"), dell'enorme e fantasioso repertorio avvezzo a spunti sempre nuovi e soluzioni geniali made in Tedeschia, si offrono le abituali 3 soluzioni:
a) Vedere il Codice dellEroe (scelta consigliata)
b) Vedere la prima stagione di Relic Hunter (scelta consigliata in seconda analisi)
c) Se proprio proprio il bisogno è insopprimibile vedetevi stò pippone di oltre DUE ORE E DIECI MINUTI nel quale i protagonisti passano da una scoperta archeologica sensazionale, e fino al loro arrivo increibilmente ignorata, all'altra, macinando chilometri su chilometri, facendo rafting, scalando pareti, spaccando nasi dei cattivi, deviando proiettili e cascate tra una spadata e l'altra, guidati dal diario della defunta moglie del protagonista nel quale c'è scritto per filo e per segno TUTTO quello che bisogna fare per trovare il tesoro dei Nibelunghi.
Imperativo morale è avvisare che finita la visione svaccati sul divano, si rimane col solito punto interrogativo di gomma che galleggia a mezz'aria sopra la testa, in stile manga giapponico, a lambiccarsi per i seguenti quesiti:
-Ma se la tizia aveva già capito tutto perchè non se l'è presa da sola stò tesoro?
-Ma ipotizzando pure che la tizia avesse solo teorizzato e il marito sia stato poi capace di trovare tutto partendo dai suoi appunti, e visto che lavoravano insieme prima che lei morisse, non dovevano aver già trovato tutto?
-E perchè il cattivo non ha ingaggiato loro direttamente per cercare il tesoro, anzichè un incapace che prima che la tizia morisse le faceva da chirichetto?
-E qual è la verità sul ciupacapras?
-Sono davvero stati gli alieni a costruire le piramidi?
-Giacobbo riuscirà mai a finire una puntata fornendo allo spettatore delle risposte anzichè rimandarlo "alla prossima puntata"?
-Infine chi ha inventato il primo 'mbuto? scopritelo su Rieducational Channel
lunedì 16 febbraio 2009
Various Artists - Deep Elm Forty Fives
Finalmente disponibili in cd, tutti raggruppati assieme, gli LP editi all’inizio della sua vita, dalla Deep Elm Records. E di chicche ne troviamo parecchei, ma procediamo con ordine:
Voto:8/10
Shake Appeal: onesto power-pop, senza infamia e senza lode. I Promise Ring lo facevano decisamente meglio.
Voto:5/10
Camber: si cambia già registro, con questo 7” dei Camber, terzetto emo, che con questo “Hollowed Out”/”Question Marks” si porta dalle parti dei Sunny Day Real Estate, facendo respirare appieno aria di anni 90. Godevole soprattutto il primo dei due pezzi.
Voto:7,5/10
Velour: nel loro sette pollici, si sentono echi di Seven Storey Mountain e Race Car Riot. Tutto qui.
Voto:5/10
Scout: college-rock al femminile, questo degli Scout, con un paio di canzoni “Plague Dogs” e “Breathcatches”, davvero pregevoli. Considerando che questo è un debutto del 1996, direi che è un ottima occasione per ascoltare questa band, che sembra provenire direttamente dalla soundtrack di Dawson’s Creek.
Voto:8,5/10
Curdlefur: uno strano misto tra garage, indie, pop e grunge. Discreti e vagamente originali. Da ascoltare.
Voto:7/10
Muler: grandissimi. Puro stile Samiam, per questo terzetto emo-pop-punk, che almeno con “On The Rug”, fa sognare eccome.Voto:7,5/10
Ruth Ruth: pop-rock suonato con un piglio punk e una voce vagamente emo. Definirli deliziosi e basta sarebbe solamente un grandissimo crimine.Voto:8,5/10
50 Feet Tall: power-pop di fine anni 90. Non qualcosa di imperdibile ma pienamente ascoltabile.Voto:6/10
Voto:6,5/10
venerdì 13 febbraio 2009
The Bard Academy Series.
The Bard Academy Series è una serie di tre romanzi (tre per ora, direi che ce ne sarà sicuramente un'altro ma non trovo notizie) scritti da tale Cara Lockwood, che a quanto pare ha scritto un libro intitolato "I Do (but I don't)" che ha avuto discreto successo in America.
Lo stile di scrittura di questo libro è un insulto diretto all'intelligenza umana.
Sarà che è della casa editrice di MTV (eh si, è un'agghiacciante scoperta anche per me) e sono pensati per i "ragazzi", ma non credo che oltre i 13 anni si possa considerare un libro del genere "bello".
La verità è che li ho letti tutti e tre perchè sono molto divertenti (non nel senso sarcastico. si ok, fa un pò ride pure perchè fa schifo, però non è illeggibile).
In povere parole, la protagonista di questa serie, Miranda, viene spedita in riformatorio perchè ha ridotto in poltiglia la BMW del padre.
Questo riformatorio si trova su un'isola sperduta del Maine, che guarda caso...è il Purgatorio dei grandi scrittori della letteratura inglese/americana di fine 800 - 900 (non vi dico chi perchè la cosa più divertente è scoprire chi sono da come si comportano!). Si insomma, i professori sono i fantasmi di scrittori famosi.
Tutto quanto arricchito con una buona dose di battute sarcastiche (alcune mi hanno fatto davvero piegare in due), un pò di drama e un pò di action che ci stanno sempre bene.
I libri finora sono tre, dai titoli quasi geniali: Wuthering High, The Scarlet Letterman e Moby Clique. Insomma dal titolo capite qual'è il classico su cui gira attorno tutto.
Ovviamente è divertente solo se si conosce un pò la letteratura americana-inglese. Si capirebbero uguale, ma si perderebbero tante allusioni indirette. Non è necessario aver letto i libri su cui è incentrato il romanzo, però (ad esempio, non ho mai letto Wuthering Heights perchè ho una certa avversione nei confronti di tutte le Brontë, ma conosco a grandi linee la trama e la lettura è stata piacevole comunque).
Pubblicato da MTV books, 10$ americani/12$ canadesi.
(si vabbè insomma avete capito che di libri in italiano ne consiglio pochi. di questi neanche c'è la traduzione. imparate l'inglese o morite).
Architects - Hollow Crown
Genere: Math-Metal core
Se vi piacciono: EveryTime I Die, Bring Me The Horizon, August Burns Red, Misery Signals
Giungono al terzo full lenght gli inglesi Architects, autori di album fino ad oggi piuttosto consistenti, che non innovano certo il genere, ma che hanno sempre proposto soluzioni abbastanza personali pur senza far gridare al miracolo.
Il sottoscritto sperava in una svolta leggermente più progressive alla Misery Signals per questo nuovo "Hollow Crown" e, nonostante ci siano passaggi un po' più ragionati e melodici in alcune parti, la direzione dell'album è più su certo metal-core o addirittura hardcore, con sfuriate da mosh assicurato in sede live e ritmiche quasi sempre serrate e devo dire piuttosto ben riuscite.
I passaggi melodici richiamano quasi persino gli ultimi Underoath, con voce pulita in qualche occasione, usata in modo ruffiano ma non esageratamente da hit radio come fanno certi colleghi oltreoceano.
Svolta hardcore dicevo, quindi, pur tenendo fede ai maestri del math/metalcore come gli EveryTime I Die, nei passaggi più schizofrenici e in certi riff quasi southern, non arriviamo certo a scomodare le partiture dei Dillinger Escape Plan, ma certo ci troviamo di fronte a qualcosa di molto diretto e in certi punti piuttosto frenetico. Grazie al cielo la ricerca del breakdown è molto meno ossessiva (fortunatamente gli Architects non ne hanno mai abusato in maniera clamorosa) che in gruppi come i Bring Me The Horizon, al quale probabilmente il cantante lancia la sfida vocale a Oli Sykes su chi abbia lo scream più sgraziato, anche se devo dire che con queste nuove composizioni funziona piuttosto bene. Insomma, un album di sostanza, buoni attacchi violenti e momenti di melodia non troppo esagerati o commerciali e ben concepiti, anche se non arrivano ai vertici della creatività.
Forse ci si aspettava qualcosina di più da un terzo album, ma la conferma della bontà del progetto c'è. Avanti così.
Voto: 7.0
giovedì 12 febbraio 2009
Diario Di Un Vampiro
In una notte buia e tempestosa, un tetro castello si staglia sul profilo tormentato di una collina.
Dentro il maniero, a notte fonda, insospettabilmente una ragazza in camicia da notte bianca danza leggiadra evitando miracolosamente una per una tutte le candele di cui è cosparso il pavimento, così felice per non essersi trasformata in una simpatica torcia umana sorride guardando una bara, (o forse era un libro ma la bara fa più vampiro..)
Ma la sua felicità è purtroppo di breve durata poiché assolutamente, incredibilmente, inaspettatamente, è attaccata da Nosferatu in persona con tanto di dentoni a coniglio e muore tra rivoli di sangue e gorgheggi d’agonia.
Il fidanzato vampiro, (che dovrebbe, nelle intenzioni del regista, essere un affascinante tenebroso ed in realtà è un povero cesso), decapita Nosferatu e siccome incredibilmente, eccezionalmente,straordinariamente, sommamente, prodigiosamente, magicamente, miracolosamente, inopinamente, si lo so che nessuno lo avrebbe mai sospettato, vi capisco, nemmeno io, a ripensarci adesso..mah.. comunque è un vampiro buono e odia uccidere, perché quando lo fa il suo povero, piccolo, tenero, dolce, puccioso cuoricino fa "PLIK" spezzandosi, giura vendetta alla stirpe dei vampiri tutta…
Poi personalmente mi sò rotta le palle e mi sono messa a vedere Il Diavolo Veste Prada..
Consigliato: a quelli a cui non piace Il Diavolo Veste Prada
Voto: Zzzzzz..ZZZzzzZzZzZzzz
lunedì 9 febbraio 2009
The Appleseed Cast - Low Level Owl: Volume 2
Cominciare il secondo volume di “Low Level Owl” con una mini reprise dell’ultima, splendida, traccia del precedente lavoro, “View Of A Burning City”, personalmente a me non fate altro che dare adito a quanto detto nella scorsa recensione. Nel suo genere questa coppia di cd rappresenta tutto ciò che è sopraffino: veramente non ci sono altre parole per descriverlo. “Rooms And Garden” è la classica canzone che una volta sentita, te ne innamori perdutamente ed anche se i suoi sette e passa minuti, non la rendono un ascolto così semplice, te la godi tutta, dall’inizio alla fine, con quei feedback, la delicata voce di Christopher Crisci, il casino ricercato della batteria di Josh Baruth, tutto calza alla perfezione, anche gli effetti sonori di foglie trascinate dal vento, tutto tutto tutto TUTTO, è perfetto. Ed altri momenti come questo, è possibile riviverne ancora in questo “Low Level Owl: Volume Two”; “Strings”, evocativa e sognante che con il verso finale (“And we could hold hands, bring back the sea. And we could stand up. We could believe.”) fa sobbalzare i cuori di chiunque abbia la giusta sensibilità. I sei minuti di “Ring Out The Warning Bell”, trasudano post-rock lo-fi da tutti i pori. “Reaction” è una splendida traccia emo con i controcazzi, mentre in “The Argument” è la batteria a far da padrone per i suoi sei minuti di canzone. Un disco un pilino più strumentale del precedente, ma come quello, un capolavoro quasi irraggiungibile. Da ascoltare assolutamente.
Voto:10/10
"La nona ora"
Irriverente,lo scultore Maurizio Cattelan realizza una serie di sculture in cera (stesso prototipo delle statue al Madame Tussauds di Londra) ispirate ai temi della società contemporanea. Religione,politica in primis. Nell'opera "La Nona Ora" l'autorità ad essere presa di mira (da un meteorite) è papa Giovanni Paolo II,simbolo per molti,della fede incondizionata cristiana in Dio. L'artista non si esprime nei confronti del suo lavoro: non annette una critica esplicita,nè tanto meno si schiera contro qualcuno/qualcosa. E,sicuramente,non vuole attaccare direttamente una figura così tanto popolare. Ciò che sappiamo per certo è che vuole ironizzare: ironizzare sulla fede, ironizzare sulla giustizia (con i suoi poliziotti a testa in giù), sulla politica (Hitler inginocchiato che prega),ironizzare su se stesso (bambini col suo volto impiccati in un parco).
Perchè mai gridare allo scandalo?
i blink-182 RISORGONO.
alzatevi, aprite il frigorifero, prendete una birra, saltate sul tavolo e cominciate a cantare "all the small things". Eventualmente, se c'è in casa una donna che non sia vostra madre/nonna/sorella, bagnatele la maglietta e fate ballare anche lei.
I BLINK-182 SONO RISORTI.
Ma proprio loro eh. Loro: Travis, Mark e Tom. LORO.
Quanti di voi aspettavano questo momento?
Tutto quello che hanno fatto i fan perchè questo momento arrivasse (inclusi i riti Wiccan, i ceri alla Madonna, preghiere Woodoo e telefonate a Wanna Marchi) ha funzionato.
Il nuovo album uscirà l'estate di quest'anno - si QUESTA ESTATEEE - e seguirà un tour.
Se beccamo tutti là.
Se non avessi casa piena di scatoloni per il trasloco, non scherzo, farei una festa. Sarà per quando si saprà un eventuale data italiana (o europea, sticazzi).
ps; nel titolo del post trovate il link al sito ufficiale, con il messaggio della band sul loro ritorno, e qui un video della loro apparizione (si, apparizione, come con la MADONNA) ai Grammy.
domenica 8 febbraio 2009
The Appleseed Cast - Low Level Owl: Volume 1
Genere: Emo/Post- Rock
Raccomandato Se Vi Piace: Moving Mountains, Pele, American Football
Questo album (e anche il prossimo che recensirò), non ha bisogno di presentazione alcuna. Si tratta infatti del primo volume di “Low Level Owl”, doppio album con cui gli Appleseed Cast hanno mostrato tutte le loro qualità e la loro maturità da compositori di pregevole emo-post-rock quali sono. Il lavoro, uscito nell’agosto del 2001, è sicuramente il punto più alto (assieme al seguente e più strumentale Volume 2) della produzione della band, che nonostante l’abbandono dell’etichetta che li ha lanciati, (la sempre cara Deep Elm) continuano la loro carriera ancora oggi (è notizia degli ultimi giorni, dell’uscita di un nuovo cd intitolato “Sagarmatha”, in uscita per la Militia Group) con buonissimi risultati peraltro. La produzione è affidata ad Ed Rose, patrono di tutti gli emo album di quell’epoca (dai Boys Life, passando per Get Up Kids, Small Brown Bike, The New Amsterdams e terminando con Reggie And The Full Effect) e la sua mano si sente abbastanza: i pezzi sono praticamente perfetti, un sapore etereo permea l’intero lavoro facendo impazzire chiunque ascolti la conclusiva “View Of A Burning City”, pronta, nel finale, a deflagrarsi man mano che si avvicina la conclusione del disco oppure è impossibile rimanere impassibili (scusate il gioco di parole) davanti alla delicatezza acustica di “A Tree For Trials” e alla monotona leggiadria di “Bird Of Paradise”. E che dire ancora, dell’opener “On Reflection”, così emo nei suoi continui arpeggi e nella voce sofferta ma allo stesso tempo lontana, di “Doors Lead To Questions”, con la batteria a farla da padrone oppure “Mile Marker” che prende tanto a cuore Cap’n’Jazz e Owls e li ricorda nei suoi passaggi articolati. Insomma un disco da comprare a mani basse, per godere appieno, finalmente, di un disco eseguito con cuore, cervello e tanta passione: tutte cose che trasudano ad ogni ascolto di “Low Level Owl: Volume 1”.
Voto:10/10
Sondaggio pt.1
Ne parleremo a fine anno.
Ora invece una serie di sondaggi che dureranno 10 giorni.
Il primo riguarda il misterioso recensore dal nome Polaris.
Chi è?
Cos'è?
Presto o tardi saprete tutto quanto.
venerdì 6 febbraio 2009
Pig Destroyer - Phantom Limb
Genere: Death/Grindcore
Se vi piacciono: Misery Index, Trigger the bloodshed, Regurgitate
Splendida copertina e buona musica, ecco le prime considerazioni che saltano alla mente dovendo commentare il penultimo album dei Pig Destroyer; non ci troviamo infatti al cospetto dell'ennesimo gruppo death/grindcore statunitense nato dall'ondata modaiola fatta partire qualche anno fa dai soliti sconosciuti (ho detto Bring Me The Horizon/Job For A Cowboy?).
Ebbene sì, il terzetto ci propone un grindcore onesto, genuino e fuori dagli schemi della moda, regalandoci brani-scheggia, iper tecnici, ma allo stesso tempo coinvolgenti e groovy, conditi da innumerevoli cambi di tempo, dissonanze e persino partiture trasheggianti.
Forse alcune tracce/filler finiranno per non essere grandi composizioni, anche perchè l'album nel suo complesso è un macigno granitico e piuttosto monotono (in senso buono diciamo), nonostante i nostri si ingegnino in tutti i modi per rendere le composizioni personali.
Promossi quindi i Pig Destroyer, alfieri di un genere ormai ridotto a musica per porci e forse proprio per questo si autonominano i distruttori di tali porci, realizzando qualcosa fuori dagli schemi pur nel rispetto della tradizione. Coraggiosi.
Voto: 7.0
Shade Empire - Zero Nexus
Genere: Melodic Death Metal/Black Metal
Se vi piacciono: Dimmu Borgir, The Covenant, Cradle Of Filth, Septic Flesh
Eccellente questo lavoro degli Shade Empire, combo finlandese che propone in questo full lenght un incredibilmente ben riuscita commistione di death melodico e black metal quasi sinfonico; ricordando ma mai citando i Dimmu Borgir dei tempi d'oro e soprattutto gli ultimi lavori dei Septic Flesh.
Come detto, il gruppo cita qua e là alcune band senza tuttavia risultare una band-fotocopia anzi, proponendo situazioni nuove e personalità a un genere che ormai non ha molto più da dire; aggiungendo female vocals, voci baritonali, cori, parti jazzate (pregevolissimo l'assolo di sax in "Victory") e orchestrazioni varie, eccellenti anche gli innesti industrial spesso messi all'inizio delle canzoni.
Insomma, un album che mette davvero molta carne sul fuoco e senza nemmeno farla bruciare e creare il solito effetto "tanto fumo e poco arrosto", nel loro calderone gli Shade Empire fanno cuocere moltissime influenze e idee nuove e sfornano la ricetta perfetta per un album personale e accessibilissimo sin dal primo ascolto. Finalmente un po' di aria nuova in un genere ultra abusato.
Voto: 8.0
martedì 3 febbraio 2009
Number 3:1949 Tiger
Iniziatore del dripping, termine coniato da lui stesso nel 1947 e che letteralmente vuol dire "sgocciolamento", l'artista non ha mai espresso intenti figurativi nel corso della sua carriera. Sin dall'inizio della sua attività, si dedica a opere astratte (come nella serie Poured Paintings) che man mano perdono di razionalità, fino ad arrivare a quelle note a tutti noi,facenti parte dell'espressionismo astratto o,ancora meglio,dell'action painting.
Nel caso particolare di quest'opera, "Number 3:1949 Tiger", Pollock inizia il dipinto stendendo colore nero su tela grezza in modo da far penetrare a fondo la tinta nel tessuto; passa poi allo sgocciolamento di colori più forti di natura alchidica che scioglie e mescola con olio per una maggiore fluidità; infine, apre un tubetto di vernice bianco e spruzza il colore direttamente sulla composizione. Nel modus operandi di Pollock sono esclusi i mezzi pittorici tradizionali: il cavalletto è abolito a favore del pavimento o della parete, che permettono all'artista di girare intorno alla tela (o nel caso della parete di osservarla nella giusta angolazione) e operare sulle quattro dimensioni; il pennello,se usato,è al contrario di modo tale che il colore possa fluire dal manico e non dalla setola (tratti puntiformi); la tela non è trattata nè tanto meno curata,visto che ci si trovano incollati persino mozziconi di sigaretta.
Ma tutto questo non può essere criticato,anzi.
Pollock verrà apprezzato in quanto autore di rottura degli schemi accademici; in quanto ribelle alle regole che vorrebbero mettere a freno la creatività degli artisti moderni; in quanto personalità violenta e eccessiva che non si preoccupa di piacere agli altri ma solo di piacersi.
Voto: 8/10
Deep Elm Records Present: Cover Your Tracks
Ora, ditemi voi, come posso non amare un etichetta così geniale ma allo stesso tempo, qualitativamente avanti rispetto a tante altre label. Sì sì, lo so, che con la Deep Elm ho quasi rasentato il ridicolo, e la gente che dice, Valerio c’hai rotto i coglioni, si espande a vista d’occhio (e visto che me ne frego, e continuerò imperterrito a parlarne, vi annunciò che tra le prossime 6 recensioni, 5 sono uscite Deep Elm), ma che ci posso fare quando un’etichetta decide di far coverizzare agli artisti del roster attuale, alcuni tra i brani che hanno fatto la storia dell’emo di fine anni 90, creati dalle stesse band che imperversavano nel periodo d’oro dell’impresa del North Carolina. Quanti di voi si sono emozionati con “Today I Discovered The World” dei Cross My Heart, qui incattivita decisamente di più dagli Small Arms Dealer in stato di grazia? Che dire della tristissima “Coming From The Cold”, cover di un pezzo degli Starmarket, rifatta ad hoc dai Surrounded? E vogliamo parlare della micidiale opener “Marigold & Patchwork” degli Appleseed Cast, eseguita da quei pazzi furiosi dei Desert City Soundtrack, con un emotività che rasenta e supera l’originale. Potrei continuare a parlare all’infinito di tutti i pezzi presenti sulla tracklist, sia quelli che coinvolgono l’ascoltatore a livelli assurdi: “The Days I Recall Being Wonderful” coverizzata in modo più duro ma estremamente convincente dai Fightstar, dei Last Days Of April, presenti anche con una “Will The Violins Be Playing”, eseguita da dei Settlefish non pienamente all’altezza del pezzo. “Blindspot” dei Brandtson ricreata stile emo-punk (leggermente più cattiva della prima versione del pezzo) dai Lock And Key. Gli inserti di pianoforte dei Clair De Lune che impreziosiscono “Angel On Hiatus” dei Benton Falls. Il post-punk schizzato dei Free Diamonds a ricreare “Go Teens” dei bistrattati Muckafurgason. E ancora cover dei Burns Out Bright (“This Guy’s Ready For The Bed”, originariamente dei Pop Unknown) nonchè due cover non pienamente riuscite: “Hollowed Out” degli Eleven Minutes Away rifatta pari pari a quella dei Camber e una “Fishing The Sky” degli Appleseed Cast acustica di un Dan Philips (Slowride) non troppo ispirato. Chiudono i grandi assenti del cd, i Sounds Like Violence, con un brano inedito “No One Knows What We’ve Got”, dal piglio deciso e dalla cadenza indie, cosa che si rifletterà sul loro ultimo lavoro “With Blood On My Hands”, che spero di recensire al più presto. Un cd che i grandi fan come ameranno alla follia, mentre i nuovi arrivati potrebbero provare questo disco di cover per testare il gradimento di questo genere musicale, così qualitativamente elevato ma così bistrattato e mal giudicato in questi ultimi anni.
Voto:8,5/10
lunedì 2 febbraio 2009
Chiude il Rolling Stone Milano
Sempre per la serie: Locali storici chiudono...
Ecco qua l'ennesimo scempio a tutto ciò che è musica in generale e specialmente rock, il Rolling Stone, locale storico di Milano fondato circa 30 anni fa, chiude i battenti PER SEMPRE.
Al suo posto sorgeranno uffici e parcheggi interrati, come ce ne sono a centinaia a Milano.
Insomma, da un terreno che ha ospitato fino a ieri arte, musica, divertimento, sudore, e che oltre a questi valori ha ospitato anche gruppi che hanno scritto la storia della musica, sorgerà ciò che rappresenta l'anonimato più totale: uffici e parcheggi.
Le luci colorate e stroboscopiche verranno sostituite dal grigiume dei parcheggi, il palco sulle cui assi son saliti i musicisti e artisti più disparati, verrà fatto a pezzi e lì siederanno normalissimi impiegati.
Tutto quello su cui si reggeva la cultura rock e di tutti i generi derivati verrà spazzato via e rimpiazzato dalla tristezza, un pezzo di storia e arte se ne va, e noi rimaniamo qua sempre più impotenti e con sempre meno posti in cui ritrovarci ad ascoltare la musica che ci fa regalare un sorriso, sorriso che presto, svanirà.
Voto: Amarezza
Martyr - Feeding The Abscess
Genere: Death Metal/Technical Death/Post-Metalcore
Raccomandato Se Vi Piace: Meshuggah, Theory In Practice, Slayer, Between The Buried And Me
Con l’ultima parte del
Voto:7,5/10
"L'esprit de notre temps"
Quale immagine meglio di questa per introdurmi nel blog.
L'opera in questione può sembrare un semplice rottame,un insieme di oggetti senza senso ma,guardando in profondità,si scorgono una miriade di significati nascosti adattabili ai primi del '900 come ai giorni nostri. La scultura,tra le prime nel suo genere,è definita "assemblage" (termine coniato intorno al 1954 da Jean Dubuffet e reso famoso nel 1961 dalla mostra "The Art of Assemblage"): ovvero un insieme di oggetti,per lo più extra-artistici,che,decontestualizzati dal loro uso quotidiano,vengono,appunto,assemblati per comunicare un messaggio particolare noto per la maggiore solo all'artista. Non è il caso de "L'esprit de notre temps".
Attraverso l'utilizzo di un metro da sarto,una cassa di orologio,un rullo tipografico,uno stampino e mediante il loro posizionamento sulla testa lignea di manichino (già di per sè solo di forma umana ma privo di spirito) l'artista attua una chiara e accanita critica contro la società a lui contemporanea. Le scoperte scientifiche contro le quali Hausmann si schiera sono ormai scontate,superate; ma l'ideale rimane quello: l'inseguire ideali superficiali,materiali che deviano l'uomo dall'esprimere creatività,sensibilità e amor proprio. Concetti che,credo concordiate, siano abbastanza vicini a noi giovani del XXI secolo.
Voto: 8/10
Romani strainculati: chiude il Traffic, il tempio della musica alternativa della capitale
Quando ho letto la notizia non ci ho creduto, e onestamente devo ancora realizzare.
Per chi non è di Roma e provincia, o comunque non c'è mai stato, sarà una notiziola da niente, ma per noi è davvero un lutto.
Signori, vi comunico che il Traffic chiude i battenti. Ora non ho capito bene (ho trovato notizie discordanti) se chiude definitivamente o non ospiterà più live, ma il discorso è lo stesso perchè il Traffic senza musica non è il Traffic.
Prima era Sonica, poi Traffic, ma per noi romani è ER TRAFFIC.
I piani per le serate iniziano sempre con "che famo stasera? oh apri myspace vedi che fanno ar Traffic!".
ER Traffic, non il Treffic. Perchè quel locale è praticamente un'istituzione di Roma. Ci hanno suonato un'infinità di gruppi, in quel posto sono nate le fondamenta della scena romana...e ora chiude. e io mi chiedo: NDO CAZZO VADO MO?
Il Traffic conservava tutte le caratteristiche del locale underground, atto ad ospitare bevute di birra e pogate.
Dove vedevi i concerti come vanno visti, fra il fumo di sigaretta e il sudore, dove palco e pubblico si fondono, dove il musicista diventa spettatore, dove puoi guardare chi suona negli occhi, e dove volano le solite goliardiche battute amichevoli, ovviamente in dialetto romano. Fino all'anno scorso il palco era ad altezza pavimento, che se non stavi attento al pogo ci finivi sopra e combinavi un casino.
Uno di quei posti che per trovarlo con la macchina ci metti mezz'ora, mentre arrivarci a piedi è una cazzata, uno di quei posti con i cessi con le scritte e gli adesivi delle band, uno di quei posti dove esci fuori fra un concerto e l'altro e chiedi una sigaretta al primo sconosciuto e ti metti a fare due chiacchiere, tanto se conoscemo tutti de vista e sticazzi.
Uno di quei posti dove i gestori sono davvero amichevoli, che la puzza sotto al naso non ce l'hanno.
La causa scatenante è la solita: il vicinato, questa entità quasi astratta, una specie di società massonica volta all'annientamento di tutto ciò di buono che c'è nella città delle trattorie, delle fraschette e dei locali tunz tunz a bizzeffe, che noi che ascoltiamo musica seria dobbiamo solo che darci una badilata sui coglioni.
Posti come il Traffic a Roma non ce ne sono, sono tutti troppo tirati a lucido, troppo puliti, troppo vicini a quel mondo perfezionista e conformista che cerchiamo in tutti i modi di evitare.
Ho visto locali di musica da discoteca peggiori, passo sempre davanti ad una discoteca e lì si che c'è CASINO, lì sì che si sente la musica a palla che esce dal locale.
Non c'è mai quella marmaglia di gente davanti al Traffic, perchè (s)fortunatamente la gente che ci capisce di musica è poca a Roma.
E mi chiedo perchè quella discoteca del cazzo è aperta, e il mio locale preferito chiude. Questo perchè se non c'è dietro una barca di soldi e qualche politicante interessato, i carabinieri danno voce ai vicini rompicoglioni che evidentemente mancano di vita sociale e non hanno di meglio da fare che rovinare le serate di quei "maledetti punk/metallari/drogati/nfami/fijiditroia/mastesseroacasaastudiare-lavorare". Il Traffic è uno dei locali meno "fastidiosi" che abbia mai visto.
Anche se l'ho frequentato (fa stranissimo scrivere al passato) poco, visto che comunque è un gran sbattimento per me muovermi a Roma dalla provincia, lì ho conosciuto molte persone, alcune delle quali sono mie amiche tutt'ora.
Tutti i ragazzi che scrivono in questa zine ci hanno visto un'infinità di concerti, alcuni ci hanno anche suonato, e sono sicura che si uniranno al mio sdegno e soprattutto alla mia amarezza.
E con questo se ne va a farsi fottere l'ultimo pezzo di vera scena underground romana.
E noi ce lo prendiamo cordialmente nel culo.